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Per il prossimo autunno in Biblioteca Passerini-Landi a Piacenza stiamo pensando ad una serie di eventi di gioco di ruolo dopo l’acquisto di diversi manuali, D&D ovviamente incluso. Anche in ambito gioco di ruolo la crossmedialità la fa da padrona (vedi i gdr dedicati a Blade Runner, Fallout, ecc.) per questo mi ha subito incuriosito Brancalonia (il logo ha anche la “c” maiuscola: BranCalonia), gioco di ruolo basato sulla quinta edizione di Dungeons & Dragons di cui la Biblioteca ha acquistato sia il Manuale di ambientazione sia il primo modulo ufficiale di espansione Macaronicon. Brancalonia nasce infatti da un’idea di Mauro Longo (tra gli autori anche del gdr) che nel 2017 curava, per Acheron Books (editore anche di Brancalonia), la raccolta di racconti Zappa e Spada. Spaghetti Fantasy. Il concetto di “spaghetti fantasy” è esattamente quello ripreso in maniera ludica in Brancalonia che l’anno scorso è tornato a percorrere le strade narrative con Brancalonia. La Compagnia della Sòla di Simone Laudiero, pubblicato da Mondadori e (per me inesplicabilmente) ignorato dai booktuber che si occupano di fantasy.

In modo diverso sia Zappa e Spada sia La Compagnia della Sòla sono letture piacevoli ed estremamente interessanti.

Se i racconti presenti in Zappa e Spada sono di stile e qualità non omogenei, è sicuramente il progetto “spaghetti fantasy” ad essere l’elemento di maggiore interesse. Riprendo pertanto dall’introduzione di Mauro Longo:

Siamo appena entrati nei territori dello Spaghetti Fantasy: la fantasia eroica all’italiana con pochi soldi per gli effetti speciali, antieroi per protagonisti e, a dirla tutta, anche poca fantasia da sprecare. Per parlare di streghe, draghi, anguane, sortilegi, cavalieri e castellani, infatti, noi Italiani non abbiamo bisogno di inventarci nulla… basta pescare qua e là tra le migliaia di leggende e cronache del nostro medioevo, e fare un bel miscuglio.

[…]

Ma attenzione, amico lettore: quelli che stai per leggere non sono dei qualsiasi racconti historical fantasy ambientati in Italia, né semplicemente delle storie fantasy scritte da italiani, bensì dei veri e propri “fantasy all’italiana”: non ci troviamo, tanto per capirci, in Umbria, ma nella crepuscolare Penumbria; non ci affacciamo sulle coste dell’Adriatico, ma su quelle fosche e nebbiose del Mar Atreco… Sembrerebbe l’Italia medievale, ma non lo è. È piuttosto un luogo fantastico situato appena dietro i confini del mondo, come la Magonia di Carlo Magno, la Laitia di Kata Kumbas, la Tilea di Warhammer o un’altra qualsiasi versione meravigliosa del nostro paese: un mondo secondario da qualche parte a metà tra geografia reale e immaginaria, tra storia e leggenda. (p. 5-7)

La geografia immaginaria dello spaghetti fantasy viene meglio delineata da Brancalonia dove l’esigenza di ambientare le avventure dei giocatori in un’unica mappa coerente porta alla realizzazione della Mappa del Regno di Taglia.

Brancalonia - Mappa del Regno 2.1-1

Come è possibile notare si tratta di una mappa relativamente fedele eppure che subito dà la sensazione di “sbagliato”: non è immediato accorgersi che è – in parte – ribaltata, che la toponomastica è distorta ma non irriconoscibile.

Se i racconti di Zappa e Spada sono, come si è detto, godibili ma discontinui, un lavoro al contrario eccellente è stato fatto da Simone Laudiero nel rendere narrativamente i principi esplicitati da Longo nell’introduzione programmatica. Quando parlo di discontinuità intendo che ci sono racconti scritti facendo riferimento al gergo usato nei due film Brancaleone da Norcia e Brancaleone alle crociate, o comunque nell’imitazione di un italiano medievaleggiante, altri utilizzano il dialetto, alcuni riprendono fole e mostri della tradizione mentre altri riesumano genìe di provenienza lovecraftiana. Quello che manca, in Zappa e Spada, non è il divertimento del lettore ad addentrarsi nelle storie contemporaneamente avventurose e strampalate, spesso intrise di un più o meno evidente sottotesto ironico e autoironico, ma la mappa – geografica e narrativa – unitaria che fornirà nel 2021 la pubblicazione di Brancalonia. Comunque è da ribadire che tutti i racconti presenti sono piacevoli e qualcuno è decisamente bello. Quelli che sono piaciuti di più a me sono:


  • La lingua del santo di Alessandro Vicenzi che narra di Pomone che vuole rubare una reliquia presente nella chiesa di Brugliano per portarla nel suo vicino paese di Ardesia al fine di attirare pellegrini e con essi la prosperità economica. Ma la reliquia, che tutti pensano trattarsi della lingua di Sant’Agramelo, è in realtà la lingua di uno stregone e in essa dimorano dei demoni che si impossessano di Pomone non appena egli la tocca. Seguirà un aspro confronto tra lo stregone in cerca della sua lingua e del suo potere (dato che la lingua gli permetterebbe di lanciare potenti incantesimi col Neroparlare), Urio e Lindo che sanno la verità e vogliono sconfiggere lo stregone, i demoni che vogliono aprire un portale per sfuggire alla servitù a cui li hanno costretti i mortali, oltre a prete e fedeli di Brugliano che rivogliono la loro reliquia non credendo affatto che possa trattarsi di uno strumento demoniaco.



  • L’oro dell’uomo nero di Mala Spina, dove una coppia di malviventi male in arnese, guidati da un’affascinante cameriera/prostituta, pianificano di derubare due monaci dei loro pesanti crocifissi d’oro, ignorando che servono da sigillo ad una pericolosa creatura malvagia.



  • Il mangiare del Sandrone. Una storia fosca di nebbia, stregoneria e formaggio di Nerdheim (Riccardo Angelini, Marco Grillini e Massimo Fornarelli) racconta la storia, un po’ stupidotta, di una comitiva che si ritrova a pernottare in una locanda che scoprono stregata. Il maggior divertimento della storia viene dai due protagonisti, Roncardo e Marcofo, due cavalieri rivali che devono allearsi per sfuggire alla trappola della locanda in un delizioso “buddy-buddy” medieval-fantastico.



  • Tre diavoli in Fausto di Davide Mana che vede una scalcagnata compagnia teatrale mettere in scena nella piazza di un paesello una scombinata versione del Faust solo per evocare inconsapevolmente un vero diavolo.


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E il tema dell’ultimo racconto ci porta anche a La Compagnia della Sòla di Simone Laudiero, dato che il romanzo vede come protagonisti proprio degli attori della Compagnia dei Solari (corrotto in Compagnia della Sòla per sbeffeggiare le loro – scarse – doti) che troviamo all’inizio in scena in un teatro di Apollonia per un pubblico tanto folto che è possibile contare con le dita di una sola mano. Affranti, dopo la catastrofica rappresentazione, la compagnia si ritira in una taverna, non trovando di meglio che fare a botte con una compagnia “rivale”. Ma è proprio grazie al fatto di riuscire a far sloggiare l’altra compagnia che vengono contattati da un vecchietto che li scambia per mercenari e chiede loro di seguirli al suo paese nel Macilento a liberarli dai pirati che ogni anno, in occasione della festa per il santo protettore San Lapone, chiedono agli abitanti di Faragnone un tributo di vettovaglie e di vergini. La compagnia – fedele al proprio nome – decide di accettare, non per combattere i pirati, ma per intascare l’anticipo e darsela a gambe. A Faragnone scoprono però che San Lapone è venerato per avere ucciso un drago (che, come i pirati, chiedeva agli abitanti un tributo in vergini) e la compagnia decide di fermarsi al paese per cercare il tesoro che – notoriamente – i draghi custodiscono. Ma si attardano troppo e sono all’improvviso costretti a confrontarsi con i pirati arrivati in anticipo solo per scoprire che i pirati non sono esattamente pirati…

Ad essere onesti il romanzo di Laudiero non è esente da pecche: eccessivamente verbosa l’introduzione a fronte di uno sviluppo troppo precipitoso della conclusione (voglio dire: hai a disposizione un drago – per non parlare di altro per non spoilerare troppo – e te la risolvi così alla svelta?) e qualche buco nella trama sempre nella serie concitata degli eventi risolutivi. Ma è eccezionale nel delineare i personaggi. Tutti in generale, ma in particolare gli attori che compongono la Compagnia: una marionetta parlante, una pantegana intelligente, Bernarda – che tutti chiamano Nuccapisco per il suo intercalare – che si finge scema per espiare le sue colpe, Bàccara che si vanta del suo passato di soldato sulle navi vortigane, Norena con la sua fin troppo squillante voce, Marangola che conosce semplici sortilegi da usare come trucchi da palcoscenico ma che vorrebbe imparare incantesimi veri, Solone che oltre ad essere il capo compagnia s’infratterebbe volentieri (anche utilizzando i soldi di tutti) con qualsiasi femmina, suo nipote Fonzo grasso e incapace a recitare tollerato solo per la parentela, ed infine Tonino il ragazzo tuttofare che ha in animo di diventare un vero attore. Ecco allora che non è il plot in sé a conquistare il lettore ma la curiosità di vedere come questi personaggi così male in arnese, ognuno a proprio modo, riescano a superare le difficoltà della storia. Senza avere alcuna possibilità dal punto di vista militare ma contando unicamente sulle proprie capacità di recitazione (per altro, come si è detto, anche quelle scarse).

La Compagnia della Sòla ricorda, se non altro per ambientazione e approccio, La canzone dei morti di Lorenzo Manara (di cui ho scritto qui): nel libro di Manara non ci sono elementi realmente fantastici – a differenza di quello di Laudiero – ma rimane simile la descrizione di un medioevo realistico e allo stesso tempo alternativo narrato con un mix di dramma e di umorismo. Anche il linguaggio, pur innestato di medievalismi (veri o inventati), è scorrevole e non incappa (come nei racconti che utilizzano più intensamente il gergo brancaleoniano, anche perché se lo possono permettere vista la loro brevità) in un eccesso di esotismo, anzi le formule arcaico-esotiche che ricorrono contribuiscono a mantenere il lettore nello spaesamento di un ambiente solo sottilmente diverso.

In conclusione quella degli “spaghetti fantasy” è una formula decisamente riuscita che non vedo l’ora di provare in dimensione gioco di ruolo e di cui spero di leggere ancora.

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