Che dire? Non conoscevo il fumettista croato Stjepan Seijic. Mal me ne incolga, ma a mia parziale giustificazione noto che non esiste (ancora) neppure la pagina italiana di Wikipedia a lui dedicata. Da quella inglese leggo che è noto per il suo lavoro sulle serie Witchblade, Aphrodite IX, Sunstone, e The Darkness. Il che non mi giustifica, ma mi fa capire la mia lacuna.
L’acquisto di Harleen (Panini Comics, 2021) non è quindi legato alla conoscenza dell’autore. Certo è legato al personaggio protagonista, Harleen Quintzel (aka Harley Quinn): il miglior personaggio del Batman-verso dopo Ra’s al Ghul e prima di Damian Wayne. Il fatto che la sua ideazione sia da accreditare a Paul Dini e Bruce Timm per la serie animata degli anni ‘90 che resta una pietra miliare del Batman-verso sicuramente ha il suo peso. Harley è anche protagonista della sequenza tra le più memorabili del capolavoro Joker di Azzarello&Bermejo (quello dove fa l’anti-strip vestendosi da Arlecchina: e forse è proprio a questa sequenza che si sono ispirati gli autori del primo film dedicato a Suicide Squad con la mitica sequanza di Harley che in mezzo alla base militare si leva la divisa da carcerato per indossare il suo costume). L’acquisto è sicuramente anche dovuto alla geniale e stupenda (doppia) copertina (lo so, tendo ad eccedere con l’uso ad effetto delle parentesi…) che alterna in semi-trasparenza Harleen ed Harley.
Sejic, da un punto di vista grafico, utilizza un disegno pulito e apparentemente poco dinamico. Gli serve questa impostazione per dare il mood corretto alla storia: un “romance”, una storia d’amore che pur essendo tale vuole essere la parodia di una storia d’amore. La protagonista, la dottoressa Harleen Quintzel, è il prototipo perfetto della protagonista di un “romance”: non più giovanissima (trent’anni), con storie sentimentali problematiche alle spalle (la relazione con un docente durante al college che le ha conferito il nomignolo di Harley “perché tutti i vecchi in crisi di mezza età ci hanno fatto un giro”), intrisa di ingenuo volontarismo (gli studi per trovare il “trigger” che innesca il comportamento criminale). Di fronte a questa donna, fragile ed idealista, capita la figura, forte ed ambigua, del Joker. Che, da abile manipolatore, intuisce subito le debolezze della dottoressa. Sfruttandole, non certo malvolentieri. In questo è il ribaltamento del “romance” classico: non è la donna col proprio amore a salvare dalla deriva il maschio, ma al contrario è l’amore che porta la donna ad inoltrarsi nell’abisso (e che abisso: stiamo parlando del Joker!) maschile.
Per l’occasione il Joker viene reinterpretato graficamente da Sejic nel modo più fascinoso di sempre. È Harleen che lo vede così perché, fin dal primo incontro, ne è innamorata? Possibile? Probabile.
Quello che è interessante è che in questa storia, come per altro in quella già citata di Azzarello&Bermejo, il Batman resta una figura sullo sfondo, quasi un basso continuo, sempre presente come incubo ed ossessione, come presenza che aleggia oscuramente sulla città, ma mai ingombrante presenza in primo piano. Certo, la Harleen di Sejic non è una “storia originale” (come quella del Joker di Azzarello&Bermejo) ma una “semplice” rilettura delle origini del personaggio. Non di meno la forza del fumetto seriale non è la “scrittura” quanto la “riscrittura” dei miti fondativi. Ed in questo Sejic lavora dannatamente bene lasciandoci un “masterpiece” irrinunciabile del Batman-verso.

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