
È già da un po’ che ho in libreria Il ciclo della Cultura. Prima trilogia di Iain M. Banks (pubblicato nel 2021 nella collana Oscar Draghi Urania di Mondadori) ma fino ad ora non l’avevo ancora iniziato sostanzialmente a causa della scomodità di portarmi in treno un volume di quasi 1.000 pagine di lunghezza e quasi un chilo e mezzo di peso. Ma la lettura di Il giro del mondo in 80 giochi di Marcus Du Sautoy (trovate qui il post relativo) che comprendeva tra gli 80 giochi anche il romanzo L’Impero di Azad, mi ha fatto decidere di iniziare la lettura del tomo che, oltre al romanzo esaminato da Du Sautoy, comprende anche Pensa a Fleba e La guerra di Zakalwe.
L’Impero di Azad è stato pubblicato in originale nel 1989 col titolo The Player of Games dallo scrittore scozzese Iain M. Banks che aveva esordito solo cinque anni prima col romanzo The Wasp Factory (tradotto col titolo La fabbrica degli orrori nel 1996 da Fanucci e con il titolo La fabbrica delle vespe nel 2012 da Meridiano Zero) e due anni prima col primo romanzo dedicato alla Cultura: Consider Phlebas (tradotto col titolo La Mente di Schar nel 1989 da Editrice Nord e con il titolo Pensa a Fleba da Fanucci nel 2002). La Cultura, in cui sono ambientate le storie del relativo ciclo, è una civiltà galattica prevalentemente composta da umanoidi e intelligenze artificiali sostanzialmente anarchica: non ci sono leggi nella Cultura, non esiste economia (nel senso che non c’è scarsità di risorse e di conseguenza è privo di senso il concetto di proprietà) e tutto è reso disponibile grazie ad una scienza avanzatissima. La maggior parte delle persone che fanno parte della Cultura vivono non su pianeti ma su immensi orbitali artificiali o su altrettanto immense astronavi governate da Menti artificiali. Come già e più che nel precedente Pensa a Fleba, il tema in L’Impero di Azad è il confronto tra il modello di civiltà della Cultura e quello di altre civiltà che incontra, basate invece su modelli sociali strutturati in rigide gerarchie. In particolare la gerarchia presente all’interno dell’Impero di Azad, che si stà espandendo nella vicina Piccola Nube di Magellano, è individuata mediante la partecipazione ad un gioco: Azad appunto. L’Azad (in quanto gioco) ha le seguenti caratteristiche:
Il gioco è composto da una serie di minigiochi, come giochi di carte e abbinamenti di dadi elementali, che permettono ai giocatori di costruire le proprie forze da utilizzare sui tre grandi tabelloni del gioco (in ordine: il Tabellone dell’Origine, il Tabellone della Forma e infine il Tabellone del Divenire) e su una serie di tabelloni minori.
Il gioco utilizza una varietà di pezzi per rappresentare le unità di un giocatore (militari, risorse o persino premesse filosofiche). Alcuni dei pezzi sono costruzioni geneticamente modificate, che possono cambiare forma durante il gioco in base al loro utilizzo e all’ambiente. Questi rispondono alla manipolazione del giocatore e sembrano difficili da comprendere: durante il suo addestramento, Gurgeh [il protagonista del romanzo] viene incoraggiato a dormire tenendo in mano alcuni dei pezzi più importanti per capirli meglio in gioco. [questi elementi del gioco sono ripresi dalla pagina in inglese di Wikipedia dedicata al romanzo e tradotti con l’aiuto di Gemini].
Il protagonista de L’Impero di Azad è Jernau Morat Gurgeh, uno dei più bravi e famosi giocatori e studiosi del gioco della Cultura. Nonostante la sua indolenza e la sua ritrosia a spostarsi non solo dal suo orbitale ma pure dalla sua abitazione, viene costretto ad accettare l’offerta della sezione Contatto della Cultura di recarsi su Eä, pianeta capitale dell’Impero, per partecipare, in qualità di rappresentante della Cultura, al torneo di Azad che servirà non solo per individuare le cariche amministrative e militari dell’Impero, ma a designare lo stesso Imperatore. Ovviamente la partecipazione di Gurgeh non implica che in caso di vittoria possa ricoprire qualche incarico: si tratta apparentemente solo di una mossa diplomatica destinata alla reciproca conoscenza e accettazione. Gurgeh passa i due anni del viaggio ad apprendere e ad esercitarsi nel nuovo gioco, assistito dalla Mente della sua astronave. Una volta arrivato su Eä viene inizialmente visto come un bizzarro esemplare esotico senza alcuna possibilità di sperare di mettersi alla pari con giocatori che giocano ad Azad da tutta la vita. Ma – dopo inizi non esattamente esaltanti – Gurgeh inizia a comprendere il meccanismo del gioco – legato strettamente al modello sociale dell’Impero – e ad avanzare nel torneo fino a garantirsi la partecipazione alle sue fasi finali sul pianeta Echronedal su cui – dopo la periodica infernale ondata di incendi – emergerà il nuovo Imperatore.
Per quanto sia comprensibile come Du Sautoy sia attratto da Azad-gioco, in realtà l’attenzione di Banks si focalizza piuttosto sul confronto tra le due civiltà apparentemente agli antipodi. Come alla fine scoprirà Gurgeh stesso, entrambe hanno un proprio modello di gioco che le governa (del resto lo aveva già segnalato Caillois, e ne avevo scritto qui, che diverse tipologie di gioco informano diversi modelli di società): se quello dell’Impero di Azad è palese e violento nello schiacciare sotto di sé razze, generi e individui “perdenti”, brutalmente espansivo nel conquistare pianeti e distruggere alieni, quello della Cultura è “inclusivo” quanto può esserlo un virus che si adatta a qualsiasi ospite con cui venga a contatto per modellarlo “dall’interno” a propria somiglianza. Da una parte però il gioco Azad è in maniera aperta e palese il modello – anche filosofico – dell’Impero, mentre il gioco della Cultura è manovrato in modo acculto: ciò mi ha fatto pensare al famoso passo di Ronald D. Laing: Stanno giocando a un gioco. Stanno giocando a non giocare a un un gioco. Se mostro loro che li vedo giocare, infrangerò le regole e mi puniranno. Devo giocare al loro gioco, di non vedere che vedo il gioco (in Nodi, Einaudi). Per quanto la Cultura sia egualitaria il modo di governarla è attraverso l’invisibilità del gioco che la sottende. Questo sicuramente non la rende peggiore dell’Impero di Azad che non si cura di trasformare spietatamente i perdenti in vittime buone unicamente al divertimento dei vincitori (come dolorosamente esplicita a Gurgeh una visita ai bassifondi della capitale di Eä e la visione dei canali riservati alle massime cariche azadiane) ma lascia al lettore un retrogusto amaro in bocca al termine della lettura vedendo che anche l’Eden immaginato per la Cultura ha bisogno di sotterfugi: e del resto la cosa richiama alla mente il Pianeta Eden di Stanislaw Lem su cui era addirittura assente la parola per esprimere il concetto di governo. Alla fine la storia de L’Impero di Azad non è quella di Gurgeh che cerca di vincere il torneo di Azad, ma piuttosto di come l’Impero e la Cultura sfruttino i rispettivi giochi per confrontarsi, sfidarsi e assimilarsi, prima ancora di arrivare al confronto militare. E dovrebbe farci riflettere sul “gioco che stiamo giocando a non giocare” sia a livello micro (in famiglia, nel lavoro, nelle dinamiche sociali che ci stanno attorno) sia a livello macro (nazionale e internazionale) per tentare di capire, e auspicabilmente tentare di porre rimedio, ai tempi terribili che stiamo attraversando.





Link nel post:
pagina dedicata a Il ciclo della Cultura sul sito di Oscar Mondadori: https://www.oscarmondadori.it/libri/cultura-la-prima-trilogia-iain-m-banks/
mio post su Il giro del mondo in 80 giochi: https://ossessionicontaminazioni.com/2024/10/15/il-giro-del-mondo-in-80-giochi/
pagina di Wikipedia dedicata a Iain M. Banks: https://it.wikipedia.org/wiki/Iain_Banks
pagina in inglese di Wikipedia dedicata a L’Impero di Azad: https://en.wikipedia.org/wiki/The_Player_of_Games
mio post su I giochi e gli uomini di Roger Caillois: https://ossessionicontaminazioni.blogspot.com/2020/09/caillois-tra-apollineo-e-dionisiaco.html
pagina dedicata a Nodi sul sito di Einaudi: https://www.einaudi.it/catalogo-libri/psicologia/psichiatria/nodi-ronald-d-laing-9788806166199/

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