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Sid Meier è una delle persone cardini nella storia del videogioco, principalmente per Civilization, ma in generale per i giochi di strategia, “gestionali” e “wargame” (Sid Meier’s Railroad Tycoon e Sid Meier’s Gettysburg! sono gli esempi principali) per quanto abbia al suo attivo simulatori di volo e di guida e l’avventura Sid Meier’s Pirates! Oltre alla sua attività di programmatore e di game designer è ricordato per aver dato i natali a una delle iconiche società che hanno contribuito a rendere il mondo dei videogiochi quello che è attualmente: la MicroProse. Per questo è assolutamente benvenuta la pubblicazione della sua autobiografia Sid Meier’s Memoir! (titolo pensato come se fosse quello di uno dei suoi videogiochi), scritta assieme a Jennifer Lee Noonan e originariamente pubblicata nel 2020. A portarla in Italia con la traduzione di Riccardo Vianello ed il titolo Una vita nei videogiochi. La storia e la carriera del leggendario creatore di Civilization è invece Baldini+Castoldi (il libro è in libreria dallo scorso luglio).

Premetto subito: non si tratta di una storia controversa e a suo modo avventurosa come quella di John Carmack e John Romero raccontata da David Kushner in Masters of Doom (Multiplayer.it) o quella di Sam Houser raccontata sempre da Kushner in Wanted. La storia criminale di Grand Theft Auto (ancora Multiplayer.it: riporto nell’elenco di link conclusivo le mie recensioni ai due libri). Meier ammette di essere non una rockstar ma un tranquillo nerd e la sua vita rispecchia questa affermazione quando, anche nel periodo burrascoso della acquisizione di MicroProse e delle relative licenze dei titoli prodotti da parte di EA e Hasbro, in maniera previdente era già uscito dalla gestione diretta della società restando formalmente solo in qualità di consulente. Ovviamente il libro riporta tutta la dovuta serie di aneddoti relativi allo sviluppo di ogni singolo gioco a cui Meier abbia lavorato (o anche solo prestato il nome) oltre alla storia della sua formazione, ai primi lavori e all’inattesa svolta verso i videogiochi (a cui inizialmente si dedicava però part-time, restando precauzionalmente a lavorare sui tabelloni delle scommesse della società in cui era impiegato, per non fare un salto nel buio in un settore all’epoca ancora sostanzialmente vergine). Relativamente pochi i confronti con gli altri sviluppatori esterni al suo studio, ad eccezione che per il Will Wright di SimCity che Meier ammette essere stato fonte di ispirazione per Civilization e con cui poi collaborerà per Sid Meier’s SimGolf. Meier dichiara a più riprese di non amare i giochi violenti e di aver sempre cercato di creare giochi che rifuggissero rappresentazioni di morte. Ne parla in dettaglio in particolare relativamente a Pirates! dove scherza sul fatto che il gioco, piuttosto che offrire una rappresentazione realistica, si ispiri alla versione romantica dei pirati offerta da Errol Flynn nei suoi film. Questo il motivo della lontananza (espressa dal non menzionarli proprio) a giochi come gli sparatutto (in qualsiasi persona): per Meier ciò che fa un buon gioco sono le decisioni interessanti che il game designer mette in mano al giocatore e in uno sparatutto non ci vede nessuna particolare decisione ma esclusivamente un esercizio “muscolare”.

Personalmente l’unico gioco di Sid Meier a cui abbia giocato è stato Civilization (e ho pure partecipato nel 2001 all’incontro di Meier con la stampa italiana per la presentazione di Sid Meier’s Civilization III), in particolare il secondo, il cui game designer di riferimento è però Brian Reynolds. In realtà non ho un grande amore per i giochi strategici ma sicuramente Civilization è l’eccezione (che conferma la regola): da una parte il suo sistema a turni che tiene incollato il giocatore (o la giocatrice) al gioco in attesa del prossimo turno che sarà proprio quello in cui potrà vedere gli effetti delle decisioni appena prese o dove riuscirà a raggiungere un avanzamento critico per la civiltà che sta gestendo e dall’altra parte la ripresa di meccaniche tipiche dei giochi da tavolo (a cui Meier dichiara di essersi costantemente ispirato anche perché nella sala riunioni della MicroProse era normale per i dipendenti trascorrere le pause giocando con i giochi da tavolo a disposizione) sono elementi che hanno catturato non solo il sottoscritto, ma intere schiere di giocatori e giocatrici, e non è una caso che sia in uscita Sid Meier’s Civilization VII! E l’insistere nella frase precedente su giocatori (al maschile) e giocatrici (al femminile) non è né un caso, né un (per quanto sacrosanto) tributo alla parità di genere. All’epoca in cui giocavo a Civilization II ero fidanzato con quella che sarebbe in seguito diventata mia moglie che, all’epoca, frequentava l’università. Mia moglie non è mai stata atratta dai giochi – né analogici, né digitali – ma un giorno è successa una cosa molto curiosa. Una mattina in cui anch’io ero a casa, invece di andare a lezione si era fermata da me ed io, entusiasta del nuovo gioco, glielo ho fatto provare. Con mio grande sconcerto non se ne è più staccata fino al momento in cui doveva rientrare a casa. Non è stato (purtroppo) l’inizio di una conversione ma è stata la prova di come il sistema di Civilization è in grado di catturare chiunque, anche una persona (apparentemente) refrattaria ai giochi.

Vale la pena di menzionare anche un gioco di cui Meier parla nel libro e a cui dichiara di essere molto legato nonostante lo scarso successo ottenuto (ed in effetti non l’avevo mai sentito menzionare): Sid Meier’s C.P.U. Bach. Si tratta di una sorta di “simulatore musicale” per realizzare musiche sullo stile di Johann Sebastian Bach, di cui Meier è un estimatore sia da un punto prettamente artistico sia per la matematica sottostante alle composizioni. Il tema molto “specialistico” e il fatto che fosse stato sviluppato in esclusiva per la sfortunata piattaforma 3DO lo hanno praticamente reso invisibile. Ne esiste una copia su Archive.org (sempre sia lodata) ma non è così semplice farla funzionare dato che occorre utilizzare un emulatore specifico per la consolle. Nonostante l’esotericità del titolo (che indubbiamente può interessare solo a quei gamer appassionati di musica classica), C.P.U. Bach rientra perfettamente nella filosofia che ha guidato Meier dall’inizio del suo percorso videoludico fino ad oggi: fornire scelte interessanti ai giocatori. Anche in ambito musicale, sperimentando alternative ai brani di Bach effettivamente arrivati fino a noi, “componendo” un settimo Concerto brandeburghese, ecc. in modo che sia il giocatore (o la giocatrice) a sentirsi (a essere) il/la regista del gioco.

In conclusione il Memoir di Meier non è solo una lettura piacevole per gli appassionati di videogiochi che vogliono approfondire la storia del loro medium preferito, ma anche una miniera di riflessioni e consigli per qualsiasi aspirante game designer (e non solo videoludico).

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Link nel post:

Una replica a “Sid Meier e la storia del videogioco”

  1. Avatar Libri letti nel 2024 – ossessioni e contaminazioni by francesco mazzetta

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