
Non posso definirmi un gran lettore di poesia. Amo la poesia anche se le mie letture poetiche sono mercuriali e carsiche. Nonostante ciò nel mio lavoro da bibliotecario ho sempre promosso la poesia curando una sezione relativamente ricca (nonostante la cosa non aiutasse gli indici di circolazione) e soprattutto inserendo la poesia nelle iniziative proposte dalla biblioteca alla scuola. In particolare uno degli incontri che ho sempre curato personalmente con le classi quinte della primaria (ex scuola elementare) era incentrato sulla poesia. L’incontro, della durata di circa un’ora, aveva questo svolgimento: consegnavo a bambine e bambini di una classe venuta in visita in biblioteca un foglio su cui avevo stampato una poesia estratta dai testi presenti in biblioteca. Avevo curato di dotarmi di antologie di poesie per bambini e ragazzi e delle raccolte a loro rivolte da autori come Chiara Carminati, Vivian Lamarque, Bruno Tognolini, ecc. Ma recuperavo poesie anche da autori non necessariamente per bambini come Carlo Michelstaedter, Giovanni Pascoli, Luis Sepulveda, Robert Louis Stevenson, ecc. Bambine e bambini avevano il compito di leggere silenziosamente la poesia che a loro era stata (casualmente) assegnata (una diversa per ciascuna/o) e poi chi voleva poteva leggerla ad alta voce a tutte/i e spiegarla o farsela spiegare. Alcune insegnanti accoglievano positivamente l’iniziativa, altre la criticavano ritenendo tale lettura troppo complessa per l’età ma, per quanto mi riguarda, questa è stata l’iniziativa di promozione alla lettura che più mi ha gratificato professionalmente perché anche bambine/i che durante gli incontri precedenti (e magari per tutti e cinque gli anni della primaria) erano stati refrattari/e alla lettura ed insofferenti alle iniziative in biblioteca, non di rado si accendevano d’interesse e partecipavano all’incontro più attivamente di altre/i. Una delle poesie che non mancava mai nell’ampio ventaglio di testi che avevo preparato (anche per non annoiarmi a esporre/spiegare sempre gli stessi) era la n. 448 This was a Poet di Emily Dickinson che mi serviva per spiegare a bambine e bambini cosa è la poesia in rapporto a ciò che poesia non è.
Per questo (per quanto non mi occupi più di queste iniziative) appena ho visto la pubblicazione del volume Le più belle poesie di Emily Dickinson a cura di Vivian Lamarque (Crocetti Editore) sono subito corso ad acquistare il libro scritto e curato da due delle poetesse più da me amate. La silloge raccoglie 71 poesie che sono per lo più accomunate da due caratteristiche: il tema della morte e la complessità interpretativa. Riflettendo su quest’ultima caratteristica mi è parso utile suddividere le poesie di complessa interpretazione in due categorie: quelle oscure e quelle dense. Quelle oscure sono quelle in cui volutamente l’autore ricerca un certo livello d’incomprensibilità. Quelle dense sono quelle complesse non perché volutamente oscure ma perché, pur nella loro chiarezza a volte adamantina, racchiudono una complessità di significati. L’esempio classico è l’ungarettiano “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”: in questa poesia non c’è nulla di oscuro anzi, il significato è chiarissimo, ma richiede uno svolgimento spropositato alla sua brevità per poterla spiegare nei suoi più reconditi significati e intenzioni. Densa ho sempre considerato anche This was a Poet e come tale l’ho presentata durante le iniziative poetiche con le scuole. Ma, improvvisamente, nella raccolta di Crocetti me la sono ritrovata oscura ed m’ha assalito il dubbio di averla male interpretata, magari per averla letta in una cattiva traduzione. Purtroppo non conosco sufficientemente bene l’inglese per poter affrontare autonomamente la lettura dell’originale ma non di meno ho provato a cercare altre traduzioni e a confrontarle con quella presente nell’edizione Crocetti, realizzata da Barbara Lanati. In rete c’è il sito emilydickinson.it curato da Giuseppe Ierolli (che ha anche curato la traduzione delle Lettere d’amore per Il Saggiatore). Il sito riporta tutte le poesie sia nell’originale inglese sia nella traduzione italiana del curatore con un ampio commento per ognuna. Per quanto non sia in grado di valutare comparativamente questa traduzione con quella della Lanati, qualche osservazione è possibile compierla. Qui di seguito trascrivo il testo della poesia in originale (controllato su The Complete Poems of Emily Dickinson, Little, Brown, 1960) e poi il testo nella traduzione di Ierolli (che non è quella che avevo usato io nell’iniziativa didattica ma ci va abbastanza vicino) e nella traduzione di Lanati. Per facilitare la comparazione li metto anche fianco a fianco in un’immagine (dato che non si può – o non so come fare per – mettere un testo su tre colonne su WordPress).
Originale
This was a Poet – It is That
Distills amazing sense
From Ordinary Meanings –
And Attar so immense
From the familiar species
That perished by the Door –
We wonder it was not Ourselves
Arrested it – before –
Of Pictures, the Discloser –
The Poet – it is He –
Entitles Us – by Contrast –
To ceaseless Poverty –
Of portion – so unconscious –
The Robbing – could not harm –
Himself – to Him – a Fortune –
Exterior – to Time –
Traduzione Ierolli
Questo fu un Poeta – È colui Che
Distilla un senso sorprendente
Da Significati Ordinari –
Ed Essenza così immensa
Da avvenimenti familiari
Che periscono oltre la Porta –
Ci meravigliamo di non esser stati Noi
Ad arrestarli – prima –
Di Visioni, Rivelatore –
Il Poeta – è Colui –
Che Ci destina – per Contrasto –
A un’incessante Povertà –
Di proprietà – così inconsapevole –
Che il Rubare – non può fargli danno –
Lui stesso – di per Sé – un Patrimonio –
Fuori – dal Tempo –
Traduzione Lanati
Ecco chi fu un Poeta –
Chi distilla la sorpresa di un senso
Da Significati ordinari –
Ed estrae Essenza infinita
Da specie familiari
Che si estinsero alla nostra Porta –
Ci chiediamo se siamo stati Noi –
Proprio noi a fermarle – per primi –
Le Immagini, le rivela
Il Poeta – è Lui –
Per Contrasto – a investirci –
Di una Povertà imperitura –
Di quanto è suo – inconsapevole –
Al punto che – gli fosse rubato –
Non ne patirebbe – la sua –
Una Ricchezza – al di fuori del Tempo.

Mi sembra sia possibile, anche a chi non abbia una enorme competenza dell’inglese letterario, notare come la traduzione della Lanati si allontani dal rispetto del testo originale, forse per presentare un maggior grado di poeticità che mediamente si perde in una traduzione troppo letterale. Però quando trasforma aggettivi in sostantivi (“Distills amazing sense”), sostantivi in verbi (“Of Pictures, The Discloser -”), inserisce aggettivi (“That perished by the Door -”), ribalta le frasi negative in affermative (“We wonder it was not Ourselves”), elimina avverbi (“Of portion – so unconscious -”), ecc., temo che l’unico risultato sia ammantare questa poeticità di oscurità forse non necessaria. Non che la traduzione di Ierolli mi faccia impazzire: molto più coerente, ad esempio, col senso della frase tradurre “From the familiar species” “Da specie familiari” come fa Lanati piuttosto che “Da avvenimenti familiari” come fa Ierolli, dato che si sta parlando di estrazione di “essenze”, quindi “profumi”, che, ci spiega Emily Dickinson, il poeta è in grado di fare da erbe e fiori apparentemente a disposizione di tutti. Ed è proprio qui la sua grandezza – così come descritta dalla poesia e così come spiegavo a bambine e bambini -: la capacità di illuminare lo straordinario nell’ordinario, nel mondo che circonda noi persone ordinarie non in grado di renderci conto delle cose eccezionali che abbiamo davanti agli occhi a meno che non sia il poeta (o la poetessa) a mostrarceli. Ed il paradosso è proprio che di questa ricchezza di sguardo che è patrimonio del poeta, egli ne è inconsapevole e non se ne accorgerebbe se gli venisse rubata.
A seguito di questa (sicuramente improvvida) discesa nei misteri della traduzione, ho anche scoperto, su Wikipedia, che Le più belle poesie di Emily Dickinson in realtà “contiene i testi delle raccolte Silenzi e Sillabe di seta, usciti entrambi per Feltrinelli” (1986 e 2004). Per quanto Wikipedia non lo indichi, è assai improbabile che il libro Crocetti sia semplicemente l’unione delle due raccolte, dato che entrambe (pur in presenza dei testi originali a fronte) sono di oltre 200 pagine mentre la raccolta di Crocetti di pagine ne ha solo 96 (per quanto non abbia i testi originali a fronte). Evidentemente Lamarque – che nell’introduzione sottolinea la difficoltà nel tradurre la Dickinson – ha selezionato dalle due raccolte Feltrinelli tradotte dalla Lanati le 71 poesie a suo parere più belle. Il problema però a questo punto è che occorrerebbe fare un confronto – poesia per poesia – della traduzione di Lanati con altre traduzioni (e non solo quelle disponibili su Internet di Iarulli): compito eccessivamente oneroso a meno che l’obiettivo non sia quello di fare un’edizione critica o non si sia davvero fan sfegatati della Dickinson.
Un peccato perché speravo davvero di ritrovarmi di fronte ad un gioiellino (e come tale ne ho spammato la notizia della pubblicazione sui vari social che appesto) mentre invece mi tocca cercare altrove.

Link nel post:
pagina dedicata a Le più belle poesie di Emily Dickinson sul sito di Crocetti Editore: https://www.crocettieditore.it/poesia/le-piu-belle-poesie-di-emily-dickinson/
sito curato da Giuseppe Ierolli con tutte le poesie sia in inglese sia nella traduzione italiana del curatore: https://www.emilydickinson.it
le edizioni italiane di Emily Dickinson da Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Emily_Dickinson#Edizioni_italiane

Scrivi una risposta a Patrizia Cavalli e le poesie che cambiano il mondo – ossessioni e contaminazioni by francesco mazzetta Cancella risposta