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Devo confessare che non amo particolarmente il fumetto francese. Ma, non appena ho saputo dell’imminente pubblicazione da parte di Coconino Press della versione a fumetti de La strada di Cormac McCarthy realizzata da Manu Larcenet, sono corso a prendere in prestito tutti i fumetti di Larcenet disponibili nelle biblioteche del Polo bibliotecario piacentino: non potevo certo scrivere di questo adattamento senza prima avere letto quanto possibile del suo autore. I fumetti disponibili che mi sono letto (tutti pubblicati da Coconino Press) sono (nell’ordine in cui li ho letti): Faremo senza, Quasi, Lo scontro quotidiano, Blast e Il rapporto di Brodeck. Prima di parlare della versione larcenetiana de La strada permettete qualche impressione personale sulle opere lette. Messa da parte la questione sull’indiscutibile bravura grafica e narrativa, il fumetto che ho amato di gran lunga maggiormente è stato Lo scontro quotidiano. Il protagonista di questo fumetto (l’unico completamente a colori) è Marco un eccellente fotoreporter stanco di dover girare il mondo a caccia di disastri sociali che si ritira nella campagna francese e si dedica ad una mostra a Parigi e poi ad un libro fotografico sugli operai che lavoravano con suo padre, sempre più maltrattati dal capitalismo dell’inizio del XXI secolo. Ma le vicende lavorative non sono le uniche traversie che deve affrontare Marco: deve vedersela col fratello in crisi coniugale dopo la nascita della figlia, coi genitori anziani e in particolare col padre per cui iniziano a farsi sentire gli effetti dell’Alzheimer, con la fidanzata che vorrebbe un rapporto stabile e un figlio (per parlare solo dei principali). In Lo scontro quotidiano Larcenet riesce a mettere insieme i drammi ma anche le gioie della vita quotidiana in un modo straordinario, aiutato anche dalla grafica apparentemente “fumettosa” e “anti-realistica”. Riesce a colpire il lettore con la forza di emozioni che ognuno di noi prova ma che troppo spesso non riconosciamo. Faremo senza, Quasi e Il rapporto Brodeck sono invece tutti sostanzialmente fumetti “a tema”: nel primo le riflessioni filosoficamente paradossali dell’autore (sommamente sponsorizzate da Zerocalcare), nel secondo l’assurdità della vita dei giovani durante la leva militare (in cui le parti che mi sono piaciute maggiormente sono le iniezioni d’ironia quando il tratto greve e drammatico si trasforma in quello vignettistico per descrivere le demenziali discussioni del protagonista con la madre). Entrambi questi due fumetti sono esplicitamente “biografici”: parlano cioè della vita e delle convinzioni dell’autore. Apparentemente diverso Il rapporto Brodeck, dato che si tratta dell’adattamento del romanzo di Philippe Claudel (in Italia pubblicato col titolo Il rapporto da Ponte alle Grazie), ma anche qui, nonostante l’intreccio strutturato, esce potente il tema della paura del diverso che si trasforma in odio e sopraffazione.

Arriviamo così a Blast che, con le sue oltre 800 pagine, è un vero e proprio monumento all’arte di Larcenet. Ma, per quel che mi riguarda, non arriva a “commuovermi” quanto ha fatto Lo scontro quotidiano: anche qui, per quanto con una appassionante storia a metà tra lo psicologico e il noir, siamo di fronte ad un racconto a tema sul diverso.

E arriviamo a La strada. Premettendo che si tratta di un capolavoro del fumetto e, sia che abbiate letto il romanzo di McCarthy (e/o visto il film di John Hillcoat) sia che non lo abbiate fatto, se amate quest’arte siete moralmente obbligati ad averlo o almeno a leggerlo. Parlerò qui quindi non tanto dell’opera di Larcenet in sé ma della distanza (e, del resto, se si trattasse di pedissequa traduzione, di certo non si potrebbe parlare di capolavoro) tra la versione di Larcenet e la storia originale di McCarthy, senza trascurare il film di Hillcoat e la sua colonna sonora, composta da Nick Cave e Warren Ellis.

Partiamo dal romanzo. Quella che compone McCarthy (e riprendo anche la recensione a suo tempo pubblicata sul Mucchio Selvaggio e riproposta in versione “writer’s cut” qui) è sostanzialmente una “favola morale”. All’interno di uno scenario post-apocalittico in cui tutto è bruciato, il padre porta con sé il fuoco dell’umanità e lo trasmette al figlio. Il fuoco è il rispetto dell’impegno morale a non mangiare altri esseri umani, non importa quanto gravi siano le condizioni e quanto estrema la fame. Il romanzo di McCarthy (non solo questo in realtà: ritroviamo fortissimo lo stesso tema anche in Meridiano di sangue e nella “Trilogia dei cavalli” e solo in apparenza è ribaltato nell’ultimo: Stella Maris) è profondamente misogino. Le donne nel romanzo sono presenti ma hanno esclusivamente finalità “riproduttive”: la madre dopo aver dato alla luce il figlio e averne garantito la sopravvivenza nei primi mesi di vita, lo abbandona al padre e se ne va a morire; le altre donne che padre e figlio incontrano lungo la strada sono ridotte ad abbruttite gestanti il cui frutto viene divorato dalle bande a cui appartengono. In realtà la madre ha una funzione ulteriore e molto importante nel romanzo perché – anche grazie ai flashback che lo percorrono in cui assistiamo anche ai roghi immani che devastano la terra – è l’immagine nella coscienza del padre che lo spinge ad andare avanti e a non arrendersi, ma è anche il legame con un passato “edenico” che il figlio rifiuta. Questa dicotomia è molto ben visualizzata nel film di Hillcoat in cui i flashback dove è presente la madre sono anche quelli in cui c’è la presenza di colori caldi mentre le scene del viaggio lungo la strada sono dominate dal freddo grigio. A sottolineare questa distanza, nella meravigliosa colonna sonora per il film composta da Nick Cave e Warren Ellis (che può essere ascoltata per intero sul canale YouTube ufficiale di Nick Cave), il tema The Mother è soffuso e dolcissimo e ritorna in altri brani (Storytime, Memory, ecc.) a rimarcare la sua importanza, ineludibile nell’economia della narrazione. È anche dalla scelta nichilista della madre che il padre trova la forza di continuare nonostante le sue condizioni sembrino sempre più disperate.

Manu Larcenet (da Wikipedia)

Nella versione di Larcenet alla madre invece è riservata solo una vignetta, dove il padre legge il suo messaggio d’addio e che poi strappa senza farne parola al figlio. Le uniche donne che vediamo sono dunque le generatrici di carne per il pasto delle bande e già qui è possibile misurare il diverso approccio. Larcenet – quasi in controtendenza rispetto agli altri suoi lavori visti sopra – abbandona la tematica morale e trasforma la storia in un cupo trip post-apocalittico. Neanche il finale, che sembra aprirsi ad una diversa luminosità (le cinque tavole finali sono in bianco e nero mentre tutto il resto del fumetto è in un oscuro seppiato), è particolarmente felice, perché molto più aperto rispetto al romanzo e al film ad un epilogo (lasciato alla mente del lettore) negativo, in qualche modo suggerito dall’ultimissima tavola. Anche il confronto tra il padre ed il figlio, il primo che vive nel ricordo del mondo come era prima (e lo racconta al figlio anche attraverso le storie) e il secondo che non ha né passato (perché non ha mai visto il mondo di prima) né futuro (perché percorre un mondo morto), è praticamente ridotto al minimo nella versione di Larcenet. In questo senso La strada di Larcenet è uno (stupendo) road comic reso indimenticabile dalla qualità eccelsa del disegno. Diciamo che Larcenet ha preso da McCarthy la storia e solo un pizzico di ideologia. L’ideologia secondo cui per essere umani dobbiamo evitare di diventare cannibali, non solo nel senso di evitare di mangiare carne umana, evidentemente, ma anche di distruggerci l’un l’altro, anche rendendo per noi inabitabile il pianeta su cui viviamo, per qualsiasi fame: avidità, potere, religione o altro.

Una replica a “Manu Larcenet e La strada”

  1. Avatar Libri letti nel 2024 – ossessioni e contaminazioni by francesco mazzetta

    […] Manu Larcenet Faremo senza (Coconino Press, 2017) […]

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Dove il paradosso contamina i rapporti umani, compare la malattia.

~ Watzlawick, Beavin e Jackson