
L’Invincibile è un romanzo di fantascienza dello scrittore polacco Stanislaw Lem pubblicato in edizione originale nel 1964 (titolo originale: Niezwyciężony) e in edizione italiana nel 1974 da Editrice Nord come 36° volume della collana Cosmo Argento. Lo lessi probabilmente qualche anno dopo grazie alla Biblioteca di Fiorenzuola. All’epoca ero un ragazzino e il romanzo mi lasciò molto freddo: a quell’età cercavo narrazioni di tipo “per aspera ad astra”, cioè avventure positive che mettessero in risalto la specie umana alla conquista del cosmo, meglio se condite da superpoteri, astronavi, battaglie spaziali e tutto quel forsennato ritmo narrativo che aveva fatto la cifra stilistica di un autore come Alfred E. Van Vogt (e che, progredendo con l’età, finii col detestare). Ne L’Invincibile infatti, pur se presente un’astronave di dimensioni mastodontiche, dotata di armi in grado di distruggere un intero pianeta, la morale è che l’umanità è destinata a non comprendere i misteri del cosmo, magari a distruggere quello che non conosce, ma restando nell’ignoranza e nell’incapacità di comunicare con il radicalmente diverso, con l’alieno. Solo anni dopo, con la lettura di Solaris, avvenuta dopo la visione del film di Tarkovskij, iniziai ad apprezzare questo autore. Ma la rilettura de L’Invincibile avviene oggi – nella nuova edizione Sellerio del 2020 – perché nel novembre scorso è uscito il videogioco ispirato al romanzo: The Invincible, sviluppato da Starward Industries e prodotto da 11 bit studios per PC, Playstation 5 e Xbox X. Ecco dunque che non è possibile sfuggire al confronto tra le due opere.
Ho già detto del mood pessimistico del romanzo, ripreso dalla tag-line del videogioco: “Not everything everywhere is for us” (non qualsiasi cosa e qualsiasi luogo fanno per noi). Tutto il romanzo si svolge sul pianeta Regis III, su cui l’astronave Condor, scesa in esplorazione anni prima, ha improvvisamente interrotto le comunicazioni. Nonostante l’assenza di vita vegetale o animale sulla superficie del pianeta, Regis III sembra abitabile, con una atmosfera abbastanza vicina ad essere respirabile e vasti depositi di acqua sotto forma di laghi e mari. I cosmonauti dell’Invincibile, astronave gemella della Condor mandata ad investigare il motivo della perdita delle comunicazioni, recupera alcuni corpi dei componenti della Condor, la cui morte appare inspiegabile. Gli stessi cosmonauti dell’Invincibile incontrano qualcosa che sembra cancellare loro completamente la mente lasciandoli vuoti come neonati. Il “nemico” presente sul pianeta si rivelerà essere un’evoluzione dei robot portati su Regis III da un’antica specie in fuga dal proprio pianeta morente che progressivamente ha debellato tutte le forme di vita locali presenti. Il comandante dell’Invincibile valuta addirittura la distruzione dell’intero pianeta come unico modo sicuro di debellare la minaccia artificiale aliena, ma il suo secondo pone il dubbio esistenziale se sia nel diritto della specie umana annientare un’altra specie solo per le perdite subite a causa della mancanza di cautela e conoscenza. Rohan crede che le morti causate dalla “necrosfera” possano assimilarsi a perdite in oceano durante un naufragio per cui non avrebbe senso invocare vendetta contro il mare. Il romanzo ha un andamento lento e descrittivo e, soprattutto nella prima parte, è completamente “raccontato” dalle indagini degli scienziati dell’Invincibile. Verso la fine invece assistiamo ad una drammatica escalation dei tentativi umani di distruggere la necrosfera.
Riletto oggi, nel libro non vedo solo i film di fantascienza dell’est europeo durante la Guerra Fredda (vedere ad esempio il box di DVD: Stelle rosse: la fantascienza della Germania dell’est) ma anche l’incipit ad esempio di Dead Space: la missione di salvataggio che ben presto si rivela disastrosa. Fondamentalmente si tratta di una variazione sul tema di Solaris, ma al posto del pianeta da studiare, l’umanità su Regis III si trova di fronte a quello che percepisce come un nemico (anche perché l’astronave che lo incontra ha finalità principalmente militari). Come gli sviluppatori di Starward Industries – polacchi come Lem – hanno ri-raccontato la storia?
Innanzitutto The Invincible è sostanzialmente un “walking simulator” in prima persona, con una ambientazione “retrofuturistica”: che cioè non aggiorna la tecnologia immaginata da Lem negli anni ‘60 ma la ripropone come appunto se fosse futuristica (non ci sono, ad esempio, i computer e le registrazioni di robot e sonde sono effettuate su schede fotografiche). Nel gioco vestiamo i panni di Yasna, un’astrobiologa dell’astronave scientifica Dragonfly appartenente al Commonwealth. E qui abbiamo una prima significativa variante perché Starward Industries inseriscono nel gioco un clima da Guerra Fredda tra le fazioni del Commonwealth e dell’Alleanza, a cui appartiene invece la Invincible. La Dragonfly teoricamente non avrebbe Regis III come meta ma l’astrogatore (il capitano, nella terminologia lemiana) decide di atterravi avendo intercettato la comunicazione relativa al fatto che la potente Invincible è diretta proprio su quel pianeta. Il videogioco inizia con Yasna che si risveglia, priva di memoria, sul suolo sabbioso di Regis III e dovrà riuscire a tornare in contatto con la Dragonfly e capire cosa sia successo. Pian piano ricostruisce gli eventi e scopre che, nella minuscola base che era stata approntata, i suoi compagni sono morti o in stato vegetativo. Conscia improvvisamente dei pericoli da affrontare si mette alla ricerca degli ultimi cosmonauti rimasti, mentre l’astrogatore la segue e l’aiuta dall’astronave in orbita. Nella sua esplorazione, oltre a ritrovare i compagni dispersi (anche questi morti o ebeti), incontra anche i macchinari e la basi dell’astronave dell’Alleanza, inizialmente creduta l’Invincibile arrivata in anticipo, mentre si tratta della Condor. Nonostante il personale notevolmente più numeroso presente sulla Condor, solo 3 persone sono riuscite a sopravvivere alla necrosfera e solo una mantenendo quasi intatte le proprie facoltà mentali: Rohytra. Yasna dovrà decidere se permettere a Rohytra di (tentare di) distruggere la necrosfera aliena o convincerlo ad abbandonare il pianeta assieme a lei, sulla Dragonfly o sulla Invincible ormai in arrivo, oppure infine se abbandonarlo al suo destino. Se infatti, come qualsiasi “walking simulator”, The Invincible ha un gameplay estremamente lineare e limitato, le scelte che faremo compiere a Yasna durante il gioco ci porteranno ad uno dei numerosi finali che si raggruppano in: tentare di distruggere la necrosfera, tentare di fuggire, tentare di creare un contatto con la necrosfera. Gli elementi più affascinanti del gioco quindi non appartengono all’ambito del gameplay ma piuttosto della narrazione e di tutto il comparto visivo, assolutamente eccezionale nella rappresentazione di Regis III: i suoi deserti, le sue coste, le sue montagne, le sue “città” di metallo, le sue caverne, così come anche tutta l’attrezzatura umana come veicoli, sonde, robot, installazioni, ecc. The Invincible è quindi un’opera che cattura il giocatore non per le sfide ludiche che gli pone ma per il mondo in cui è immerso. Anche il personaggio di Yasna non ha nulla da invidiare al protagonista di Lem: Rohan. La percepiamo sempre come una persona completa, con una sua psicologia definita ed è bellissimo quando è depressa e spaventata ed inizia a canticchiare una filastrocca per farsi coraggio, per non lasciarsi andare alla disperazione.
Sicuramente quindi un gioco che non piacerà agli hardcore gamer, ma che altrettanto sicuramente riprende lo spirito del romanzo di Lem pur senza riprodurlo pedissequamente. Un’esperienza più narrativa che ludica, ma che lascia comunque aperto lo spazio ed indica una potenziale strada per versioni videoludiche di opere narrative (o fumettistiche, o cinematografiche) che siano vere “ri-mediazioni” (vedere: Jay David Bolter e Richard Grusin Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Guerini, 2005) e non banali adattamenti.












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