Alice_par_John_Tenniel_04Sono come tanti un appassionato del personaggio di Alice inventato da Lewis Carroll, ma lo sono diventato più che per le due opere a lei dedicate da Carroll stesso (Alice nel Paese delle Meraviglie e Alice attraverso lo specchio, c’è bisogno di ricordarlo?), più che per la peraltro fantastica versione animata targata Disney (quando le versioni Disney amavano e rispettavano l’originale, piuttosto che stravolgerlo), per la versione cinematografica di Tim Burton e soprattutto per i due videogiochi a lei dedicati da American McGee: American McGee’s Alice (Electronic Arts, 2000) e Alice: Madness Returns (Electronic Arts, 2011). In particolare ho amato enormemente e più volte rigiocato quest’ultimo che metteva in scena una Alice adolescente resa folle dall’idea di aver causato un’incendio che ha distrutto la sua casa e la sua famiglia. Questa angoscia si riverbera nel Paese delle Meraviglie, che viene ammorbato da una sorta di catrame. Oltre al fantastico Paese delle Meraviglie, che è il vero teatro del gioco, decisamente affascinanti le fasi nella Londra reale, dove Alice si deve destreggiare nei bassifondi in cui ormai è confinata tra la gente abbruttita dalla Rivoluzione industriale in pieno svolgimento. In attesa del nuovo capitolo delle avventure interattive di Alice firmate da American McGee – Alice: Asylum, su cui è al lavoro da più di un anno – è stato perciò con piacere che ho appreso della pubblicazione, da parte di SaldaPress, del/la graphic novel Alice per sempre creata da Dan Panosian che si è occupato anche della storia e dei disegni ambientati nel Paese delle Meraviglie, disegnata (per le ambientazioni londinesi) da Giorgio Spalletta con l’assistenza di Cyril Glerum e colorata da Fabiana Mascolo.

AlicePerSempre_cover_NSApparentemente la trama di Alice per sempre si avvicina a quella di Alice: Madness Returns: Alice (ormai giovane donna) non sopporta il padre e le sorelle perfettamente a loro agio nella mediocrità borghese di Londra e acquista da Morton, il custode dell’ospedale psichiatrico, le pillole che questo trafuga e che le consentono di “viaggiare” a Wonderland. Molto bella l’idea di due stili di disegno completamente diversi per le sequenze di Londra (volutamente piatte e con colori freddi) e quelle di Wonderland (con colori caldi e ricchi di sfumature). Ben presto però Morton si scontra con debitori che lo assassinano e Alice, per poter continuare ad avere le pillole, non trova altra soluzione che farsi spontaneamente rinchiudere in manicomio. I personaggi del manicomio richiamano quelli all’interno di Wonderland, in particolare la direttrice, alter ego della Regina Rossa, e i due guardiani di Tweedledum e Tweedledee. La direttrice però, avida del denaro del padre, che dal canto suo è ben felice di non avere intorno la figlia problematica, assegna Alice agli esperimenti del dottor Madsen Hasslemann. Gli unici che paiono avere a cuore la salute e la salvezza di Alice sono la sorella minore e lo spasimante non ricambiato.

Nonostante il soggetto interessante, il/la graphic novel si rivela purtroppo deludente. Molte trame che pure potenzialmente avrebbero potuto aprire strade narrative e rendere l’opera più complessa sono lasciate inspiegabilmente cadere. Le motivazioni ad esempio della sorella maggiore, ostile ad Alice. Il padre di Alice e la sua ossessione per i denti. Wonderland poi, pur disegnato benissimo, è mero fondale: non vi succede assolutamente nulla.

Ci si potrebbe consolare in attesa del videogioco, Alice: Asylum, ma purtroppo il 21 ottobre scorso American McGee, sul suo canale YouTube, ha pubblicato un video dove comunica che Electronic Arts non intente portare avanti il progetto (per questioni che paiono legate ai diritti legati al personaggio) e l’autore non intende optare per una pubblicazione indipendente, di fatto rinunciando al progetto pur avendo ormai terminato la “bibbia” dello sviluppo. E questa è fondamentalmente la vera e propria (tragica) notizia di questo post. Non avremo il nuovo videogioco dedicato ad Alice, e il fumetto che le hanno dedicato Panosian, Spalletta e Mascolo è davvero troppo poca cosa per ambire ad almeno un po’ consolarcene.

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