In principio era Lovecraft. La sua opera inspirò e continua ad ispirare un’ampia e diversificata progenie. Che, a sua volta, prolifica. Ne avevo già parlato a proposito della serie di romanzi Aconyte, portata in Italia da Asmodee: si tratta di una filiazione di secondo livello che non si rifà direttamente al corpus lovecraftiano ma piuttosto alle opere che ha ispirato. Nel caso della serie di romanzi l’opera di riferimento è il gioco da tavolo Arkham Horror. Già in quel post però avevo parlato anche di Cthulhu. Death May Die, produzione a fumetti della Bonelli che si rifà ad un altro – omonimo – gioco da tavolo, anch’esso portato in Italia da Asmodee. Il primo volume di questa serie a fumetti – Anche la morte può morire! – aveva visto la luce due anni fa con Luca Enoch e Stefano Vietti autori del soggetto, Enoch anche della sceneggiatura e Riccardo Crosa e Simone Paoloni rispettivamente delle matite e degli inchiostri. Quella prima esperienza, legata anche alla miniserie di 4 numeri dedicata a Zombicide e il cui soggetto è a firma della medesima coppia, è eccellente a livello grafico ma decisamente debole a livello narrativo. Si tratta di una serie di episodi labilmente collegati fra loro (forse il risultato di un’opera pensata inizialmente per essere pubblicata come miniserie alla stregua di Zombicide?) per i quali l’unica motivazione sembra essere quella di giustificare le spettacolari tavole dello scontro tra i buoni e le tentacolari e mostruose creature evocate dai cattivi cultisti. Addirittura Enoch e Vietti mettono in scena una sciamana vudù ad aiutare i nostri eroi: figura decisamente estranea al canone lovecraftiano.
Decisamente miglior risultato lo si può riscontrare col secondo volume – Una porta per Yog-Sothoth – pubblicato lo scorso giugno. Con Enoch saldamente alla sceneggiatura, si occupano stavolta del soggetto Francesco Nepitello e Umberto Pignatelli mentre i disegni sono interamente a cura di Alfio Buscaglia. E sono quasi certo che Nepitello e Pignatelli conoscano bene non solo il canone lovecraftiano, ma pure il sottocanone aconytiano: la storia imbastita sembra uscire direttamente da uno dei romanzi. Jack (unico collegamento al precedente volume, dove impersonava il burbero ed eroico camionista) viene assoldato da un’avvocata per trovare il figliastro scomparso. Ma il ragazzo – presente durante l’agnizione finale che scacciava i demoni in Anche la morte può morire! – ha nel proprio subconscio le formule che permettono di aprire i cancelli della nostra dimensione a Yog-Sothoth, ed è quindi ricercato anche dai cultisti. Jack non solo dovrà salvare il ragazzo ed impedire che i cultisti lo sacrifichino per aprire il varco, ma soprattutto capire chi sono dietro le apparenze i nemici e gli alleati. Meno al fulmicotone del precedente, Una porta per Yog-Sothoth ha il vantaggio di imbastire una storia appassionante e pienamente coerente col canone lovecraftiano, anche nella sua dimensione ludica. Notevole comunque anche l’aspetto grafico, con Buscaglia che predilige l’uso di tonalità fredde e seppiate, per far esplodere il calore durante il confronto coi mostri e coi cultisti.
Un eccellente secondo volume che migliora notevolmente il livello dell’opera e che fa ben sperare per la sua continuazione.

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