02010199034_ITAWH40KCommandEditionLeadWarhammer 40.000 è un wargame (trasposto anche in numerosi videogiochi) che costituisce la declinazione fantascientifica del fantasy Warhammer di Games Workshop.

Le miniature che servono a raffigurare le forze in campo hanno raggiunto un tale livello di elaborazione da avere costi ragguardevoli, tali da essere diventati oggetto di collezionismo.

Qui però non voglio parlare del gioco, quanto delle sue versioni narrative, e in particolare della raccolta di racconti Nexus + altre storie. Racconti fantastici dall’Imperium oscuro pubblicata di recente da Alanera Edizioni (casa editrice specializzata nella pubblicazioni dedicate alle varie versioni di Warhammer). Il libro riunisce un romanzo breve (Nexus di Thomas Parrott) e altri 15 racconti di altri 13 autori (oltre a Parrott). Tra essi anche un racconto di Dan Abnett, presente nelle proposte della casa editrice con diversi altri romanzi, singoli o inclusi in saghe.

La maggior parte dei racconti presenti ha (com’è abbastanza ovvio) come protagonisti esponenti delle forze dell’Imperium umano impegnati a contrastare in numero ridicolmente inferiore quelle dei nemici Xenos o (come in Nexus) Necron. Potremmo definire soprattutto queste storie come sorta di fascio-fantascienza, tanto è il livello di esaltazione per l’ordine e la gloria di morire per la causa (in questo caso della supremazia dell’Imperium) unita alla costante frenesia religiosa che nella narrazione si rivolge all’Imperatore-Dio, il tutto sommerso in interi oceani testosteronici, anche quando protagonista è una donna, come il pilota Salvatoria Grant, protagonista di Veloce come il fulmine di Peter McLean, che deve portare un messaggio in grado di risolvere il conflitto su un pianeta al comandante di una base superando le linee nemiche. O Le ore oscure di Rachel Harrison dove una squadra guidata da Severina Raine deve trovare lo stregone che protegge i ribelli, e la missione mostra un sottotesto emotivo tra lei e il suo commilitone Andren Fel, ma senza mai che si esca dal mero cameratismo.

La maggior parte della narrazione è una descrizione di combattimenti e di corpi che esplodono e si squarciano degna del peggior splatter in circolazione, ma l’attenzione non è morbosamente fissate sui corpi martoriati, quanto sulle armi: a razzo, a proiettili, ma anche bianche, potenziate da poteri psionici o semplicemente colossali e assai oltre la scala di coloro stessi che le brandiscono. Per questo – a meno che non siate fan inossidabili del gioco e del suo universo – i racconti più godibili e divertenti sono quelli che si avventurano al di fuori di questo modello fin troppo stereotipato. Ad esempio in Parlare all’unisono di Guy Haley dove in scena non sta lo scontro tra forze nemiche ma piuttosto la rivalità tra due capitoli dell’Imperium: l’Adeptus Mechanicus (gli ingegneri, per capirci) e l’Inquisizione. Nel racconto il secondo ha imprigionato un potente campione xeno e desidera interrogarlo mentre l’altro Capitolo lo reclama a sé per carpire le tecnologie nemiche. Il confronto, invece di avere uno sviluppo bellico, si declina in una sfida tattica estremamente gustosa. O Guerra nel museo di Robert Rath, dove Trazyn, programma senziente all’interno di corpi cibernetici, gestisce un museo che contiene in animazione sospesa i più grandi e terribili combattenti della Galassia ma si deve confrontare col loro improvviso risveglio, causato da un rivale.

Emozioni e sentimenti al di fuori del cameratismo, della rivalità, dell’odio, del sospetto, della fede sono praticamente banditi. L’unico racconto in cui è possibile leggere di un legame sentimentale è Attraverso il vuoto di J C Stearns che racconta il confronto tra l’arconte Melandyr e l’esarca Ciorstah, un tempo uniti dall’amore e dalla sete di conquista e bottino o poi sempre più nemici fino a giurarsi odio eterno al di là di missioni e schieramenti.

Le descrizioni dei furiosi combattimenti di pochi eroi che combattono in maniera sovrumana contro una forza soverchiante possono ricordare le immagini di videogiochi come Doom, Duke Nukem, Serious Sam, ma in realtà manca da esse un elemento che pure contraddistingue i titoli citati: l’auto-ironia. Evidente in Duke Nukem e in Serious Sam, meno in Doom in cui comunque il gameplay solitario toglie tutto il possibile pathos di cameratismo e di spirito di corpo. In Doom la mancanza d’ironia è compensata dalla consapevolezza che la morte del nostro space marine significherà la definitiva invasione della Terra da parte dei demoni infernali. Al contrario i marine di Warhammer 40.000, per quanto potenti ed individualisti, sono sempre consapevoli di essere al massimo poco più che un ingranaggio nella macchina bellica dell’Imperium e che, in caso di loro morte, il loro posto sarà preso da altri. Per questo in ogni riga dei racconti è sempre presente tanto la ricerca della vittoria quanto – se non possibile – della morte gloriosa, che possa venire ricordata e celebrata da chi verrà dopo. Se riuscite a resistere a tutto questo testosteronica fascio-fantascienza, Nexus + altre storie è un ottimo divertissement, scritto bene e scorrevole, da portare al mare o sul treno, ottimo per riempire i tempi morti o, magari, per fungere da canovaccio per la prossima partita…

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Una replica a “Storie da Warhammer 40.000”

  1. Avatar Libri letti nel 2023 – ossessioni e contaminazioni

    […] Nexus + altre storie. Racconti fantastici dall’Imperium oscuro (Alanera) […]

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