Del libro di Carla Ida Salviati La biblioteca spiegata agli insegnanti (Editrice Bibliografica, 2012) parlo anche (in termini più generali e biblioteconomici) qui: http://ossessionicontaminazioni.blogspot.it/2012/06/insegnanti-e-biblioteche.html. In questa sede mi preme tuttavia commentare il giudizio presente in quel volume legato ai videogiochi ed alla narrativa videoludica. Riporto, qui sotto, il brano in questione:
L’entusiasmo per la lettura come attività buona in sé – sempre e comunque – è atteggiamento che, a lungo andare, non colmerà le disuguaglianze culturali e semmai le andrà accentuando: ed è un mito di cui sono vittime quelle biblioteche pubbliche (ma talvolta anche quelle scolastiche, cosa più grave) che misurano il “piacere di leggere” dei propri utenti con i numeri dei volumi prestati. Non è un caso che il mercato editoriale in questo gioco faccia la sua parte: vista come trampolino di lancio per letture più complesse che spesso non arriveranno mai, la semplificazione testuale viene spinta fino all’estremo. Nascono così collane di narrativa derivate dai videogiochi più popolari, in una corsa alla scarnificazione di trame e lessici che è difficile non definire impoverimento: si pensi – un esempio per tutti – alle proposte dell’editore Multiplayer [sic, in realtà Multiplayer.it] che tanti visitatori hanno attirato all’edizione 2011 della Fiera del libro [sic, in realtà Salone internazionale] di Torino e che sono lusingate dai commenti degli appassionati di video-cyber-fantasy.
Lungi da me il voler fare una difesa d’ufficio di una casa editrice, di cui tra l’altro il responsabile ha ammesso, durante la presentazione del romanzo (legato sì ad un videogioco, ma in senso inverso a quello indicato dalla Salviati: non il romanzo derivato dal videogioco ma vice versa) che la politica degli acquisti andava in direzione della quantità (di titoli proposti) piuttosto che della qualità. Ma la lamentazione della Salviati mi porta alla mente i tempi, ormai lontani, in cui ho cominciato a prestare servizio in una biblioteca. L’allora già non più giovane bibliotecario acquistava una nutrita quantità di romanzi “ameni” (i “rosa”, per intenderci) sostenendo che trattavasi di lettura semplice adatta a signore e signorine che iniziavano con essa il loro percorso intellettuale che avrebbe idealmente potuto portare a letture più impegnative. Onestamente qualcuna di quelle signore frequenta ancor oggi la biblioteca e lungi dal dedicarsi a letture più impegnative si crogiolano beatamente nella narrativa d’evasione, semmai essendo passate dal “rosa” (genere che ha saputo rinnovarsi solo per un pubblico relativamente giovane) al thriller (con venature più o meno rosa). Dunque la Salviati ha ragione? Tutt’altro!
Intanto occorre tranquillamente ammettere che il 90% della narrativa legata ai videogiochi è spazzatura, ma occorre ammetterlo tenendo presente la legge di Sturgeon (http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Sturgeon). Theodore Sturgeon, a chi criticava la fantascienza (come la Salviati fa con la narrativa videoludica) sostenendo che fosse spazzatura, rispondeva che certo, il 90% della fantascienza è spazzatura, ma del resto non è spazzatura il 90% di qualsiasi cosa? Ovvero anche la narrativa mainstream per il 90% è spazzatura esattamente come la fantascienza, come la narrativa rosa, come il thriller e sì, anche come la narrativa videoludica (ecc.). Ad esempio la narrativa western è qualcosa che ben di rado siamo abituati ad accostare all’eccellenza letteraria. Non di meno Cormac McCarthy (di cui uno dei più bei romanzi, Meridiano di sangue, è un western) è considerato uno dei più grandi autori viventi della letteratura americana non (solo) da chi scrive – che non ha la capacità critica e la conoscenza letteraria per sostenerlo – ma da Harold Bloom (cfr: http://it.wikipedia.org/wiki/Cormac_McCarthy). E come contestare la “letterarietà” del recentemente scomparso Bradbury (autore di fantasy/fantascienza), di Tolkien (fantasy), di Ellroy (thriller), di Thompson (noir), ecc. (e solo per restare ai generi che conosco meglio)?
Il problema che la Salviati non considera è che chi decide cosa ricade nel 10% buono e nel 90% spazzatura NON è il bibliotecario. Sono i critici, il pubblico, la storia. Al bibliotecario rimane il compito di selezionare nelle collezioni un quadro il più completo possibile (compatibilmente anche con le risorse – declinanti – a disposizione) della produzione editoriale sia per il pubblico attuale, sia – nell’ottica beninteso più ampia della semplice biblioteca pubblica – della conservazione a futura memoria e documentazione. E poi c’è sempre il principio che “tutto quello che fa male ti fa bene” enunciato nell’omonimo libro di Steven Johnson (Mondadori, 2006) dove si mostra bene come buona parte di quella che i vecchi soloni della vecchia cultura considerano nella nuova produzione culturale “impoverimento” sia, alla prova dei fatti uno straordinario arricchimento e stratificazione anche rispetto ai cosiddetti classici. Tenendo presente questo e tenendo presente la legge di Sturgeon, i critici del presente e del futuro potranno trovare dei classici degni di essere tramandati ai posteri anche all’interno delle “collane di narrativa derivate dai videogiochi più popolari”. Sicuramente la Salviati non segue questo blog e non legge Alias, l’inserto settimanale del Manifesto, altrimenti avrebbe potuto dare un’occhiata ad almeno due dei miei articoli dedicati a queste produzioni letterarie, quello dedicato a Dead Space: Martyr (https://ossessionicontaminazioni.wordpress.com/category/dead-space/) e quello dedicato a Le radici del cielo (https://ossessionicontaminazioni.wordpress.com/category/avoledo/). Poi naturalmente ci sono pure tanti romanzi dozzinali e di pura spazzatura (i 4 romanzi della serie dedicata a Doom, buona parte di quelli dedicati a Resident Evil, ecc.) ed altri che si lasciano leggere per il buon mestiere degli scrittori ma che non rimarranno di certo negli annali letterari (come i romanzi dedicati a Deus Ex o a EVE Online). Ma questa è la normalità in qualsiasi ambito letterario, mainstream o di genere.
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