Chi mi conosce e/o mi segue da un po’ sa che sono una persona mediamente snob. Per certi versi penso, a sessant’anni, di meritarmi tale condizione, ma d’altronde lo ero anche a venti e quindi mi sa che sia necessario prendermi così come sono. Comunque l’oggetto di questo post non sono i difetti del sottoscritto ma piuttosto il best-seller di quest’estate: Strani disegni di Uketsu (pubblicato da Einaudi). Visto il mio approccio snob, non mi sarei mai filato il “libro di cui parlano tutti”. Però scopro che l’autore è lo stesso di una serie manga che ho iniziato ad acquistare e a leggere, La strana casa (storia di Uketsu e disegni di Kyo Ayano, pubblicata in Italia da J-Pop-Edizioni BD per cui sono stati tradotti 3 dei 5 volumi finora realizzati) a sua volta tratto dal primo romanzo di Uketsu, a cui è ispirato anche il film (finora inedito in Italia) The Floor Plan. In più qualche commento parlava di Strani disegni come di una sorta di libro-game e, intorno ad esso, ho visto divampare una polemica con chi loda l’opera (come Roberto Saviano) e dall’altra chi la critica come Flavio Troisi del canale YouTube Broken Stories o Roberto Recchioni dal suo canale Telegram (che in realtà non analizza tanto il romanzo in sé ma avanza il dubbio – che per lui è certezza – che si tratti unicamente di una trovata redazionale costruita a tavolino). Sia Troisi, sia Recchioni criticano il fenomeno editoriale Strani disegni, senza però approfondire l’analisi dell’autore- giunto alla fama per il suo successo da YouTuber come personaggio inconoscibile perché sempre nascosto dietro una maschera – e delle sue opere precedenti a Strani disegni. A cui invece, almeno parzialmente, fa riferimento Saviano (parlando del video da cui trae ispirazione Strani disegni, manga e film) collegandolo al teatro Nō.

Tutto sommato è importante il confronto tra le opere di Uketsu perché l’analisi del solo Strani disegni mi porterebbe a dar ragione a Troisi: si tratta di un romanzo dallo stile elementare e banale di scrittura con enigmi le cui spiegazioni sono tirate per i capelli (e non ha nulla di interattivo, anche se questo ovviamente non è necessariamente un difetto). Naturalmente la stragrande maggioranza delle persone che l’ha acquistato e letto (Troisi compreso) non si è minimamente preoccupata di fare un tale confronto, che il libro sia piaciuto o meno. Che poi sia un autore “vero” o una geniale (e redditizia) trovata redazionale questo in fondo importa poco se si tratta di una trovata redazionale ben fatta e piacevole (del resto fumetti e cinema di supereroi non sono fondamentalmente per la maggior parte “trovate redazionali”?).

Occorre dunque partire da La strana casa, il primo romanzo di Uketsu, pubblicato in Giappone nel 2021. Purtroppo il romanzo, così come il film The Floor Plan che ne è stato tratto nel 2024, non sono disponibili in italiano. Ho tuttavia recuperato alcune recensioni di quest’ultimo che lo giudicano avere un buon inizio ma poi sviluppare male la tensione per perdersi su una strada decisamente meno affascinante nella conclusione. Però potrebbe essere un difetto di un cattivo adattamento piuttosto che derivante dall’opera originale. De La strana casa in Italia abbiamo al momento a disposizione solo i primi tre volumi del manga, poco più della metà dell’opera comunque al momento incompleta. La storia ci presenta un giovane giornalista freelance specializzato di occulto che si ritrova interpellato a proposito della planimetria di una villetta con spazi interni che paiono non avere alcun accesso e stanze interne senza alcuna finestra. Il giornalista (disegnato da Kyo Ayano con tratti ambigui tra il maschile e il femminile) coinvolge un amico architetto e insieme ipotizzano che spazio e camera fossero utilizzati per compiere delitti. Una indagine sulla residenza precedente della famiglia che aveva fatto costruire la villetta li porta alla conferma di elementi strani e misteriosi. Nella storia capita infine anche la sorella della donna che viveva nelle due case che racconta come quest’ultima sia sparita dalla sua famiglia d’origine per ricomparire solo anni dopo, sposata a con un bambino piccolo, ma senza spiegare le motivazioni del distacco e poi sparendo di nuovo con tutta la sua nuova famiglia. Nel terzo (e finora ultimo in Italia) volume il giornalista e la sorella esplorano la casa dei nonni della seconda dove è avvenuto un mortale e misterioso incidente ai danni di un cugino quando le due donne erano bambine. Anche qui, una tradizionale casa giapponese, vi sono spazi e stanze misteriose di cui al lettore al momento è ancora ignota la funzione e l’utilizzo.

In maniera abbastanza simile in Strani disegni si parte (tolto il disegno di una bambina che viene analizzato da una psicologa a fini didattici, anche se la corretta interpretazione dello stesso sarà essenziale alla conclusione) da disegni trovati all’interno di un blog interrotto da un anno e mezzo. Analizzando questi due studenti universitari sono portati a credere che l’autrice degli stessi stia denunciando un delitto, confermato dall’ambiguo post finale nel blog stesso. Uketsu dopo aver svelato il presunto mistero di questi disegni, ci porta indietro nel tempo ad un altro disegno, realizzato da un bambino della scuola materna per la Festa della Mamma. Su questo c’è una strana macchia che l’educatrice fatica ad interpretare e sospetta nasconda un mistero nella relazione tra il bambino stesso e la sua “mamma” (le virgolette non sono casuali) anche in considerazione del fatto che il padre e la madre biologica sono da tempo deceduti. Infine, tornando ancora più indietro nel tempo, c’è un terzo disegno, un panorama montuoso disegnato sullo scontrino di un negozio da un professore liceale di arte misteriosamente trovato assassinato al termine di un percorso escursionistico. Questi tre (quattro se contiamo il primo, temporalmente ancora precedente agli altri) disegni si inseriscono tutti nella stessa trama come tessere di un puzzle che sarà svelato compiutamente solo alla fine.

Ribadito che ha ragione Troisi relativamente alla qualità letteraria, dal punto di vista della storia il problema è nella interpretazione artificiosa di disegni apparentemente banali (esattamente come nel manga il vedere misteri ed omicidi in planimetrie le cui stranezze potrebbero avere ben più prosaiche spiegazioni). Interpretazione che deve essere spiegata per come si incastra con uno spiegone finale che decisamente uccide la suspense che Uketsu era riuscito a creare. Paradossalmente (o forse no) trovo che una storia siffatta avrebbe funzionato (o funzionerà) molto meglio in un manga, medium meno legato all’autonoma riflessione del lettore e che lo trova maggiormente disposto alla sospensione dell’incredulità. Tuttavia il successo (non solo in Italia) del romanzo mostra come questi meccanismi narrativi da manga translati in narrazioni letterarie non particolarmente complesse hanno successo. Si tratta dell’editoria che sta “avvelenando i pozzi” come sostiene Troisi intendendo che editori – anche prestigiosi come Einaudi – pubblicano opere di scarso valore pur di fare incasso in un’era in cui si legge sempre meno ma così facendo disabituano quei lettori stessi alla qualità e quindi nei fatti li spingono verso forme mediali più immediate rispetto alla lettura profonda offerta dalla letteratura? Assolutamente sì ma Uketsu non ne è che l’ultimo esempio. A mio modo di vedere, piuttosto che denigrare lettori e lettrici di Uketsu, se Uketsu viene letto, occorre cercare di capire come proporre una offerta letteraria che da Uketsu parta (ad esempio a scuola) per arrivare ad apprezzare anche – nome a caso – Mishima. Il problema esiste solo se l’offerta comprenderà solo Uketsu e suoi cloni.

Uketsu

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