Di Paul Watzlawick ho già scritto estesamente qui esattamente un anno fa, in particolare relativamente a tre testi già disponibili da tempo a lettori e lettrici italiane: Pragmatica della comunicazione umana, ChangeRealtà della realtà. Disattenzione mia il non accorgermi che proprio qualche mese prima della pubblicazione del mio post era uscito per Morcelliana un testo non ancora tradotto – Sul nonsenso del senso o sul senso del nonsenso – trascrizione di due conferenze tenute da Watzlawick a Vienna nel 1989 e nel 1991.

Il testo, pur provenendo da due conferenze, separate anche nel tempo, è straordinariamente unitario e può essere considerato un testo divulgativo rispetto alle idee presentate in La realtà della realtà e in generale della teoria “costruttivista” di cui Watzlawick è esimio esponente. Per la teoria costruttivista la “realtà” non è un dato oggettivo, ma viene creata dal nostro modo di conoscere il mondo. Watzlawick riporta nel suo testo numerosi esempi sia dalla pratica clinica, sia dall’agire quotidiano, sia dalle rappresentazione dell’agire in letteratura. Ne trascrivo qui uno centrale nella sua argomentazione:

Quasi esattamente un anno fa, nell’ospedale generico della città toscana di Grosseto, si era verificato uno strano incidente. Una donna schizofrenica in forma grave doveva essere trasferita a Napoli, per essere sottoposta a cure psichiatriche. Una volta giunti all’ospedale, gli autisti dell’ambulanza vennero mandati in una stanza nella quale la donna stava seduta sul letto, vestita, con la borsa pronta. Nel momento, però, in cui la si invitò ad alzarsi, la paziente diventò con tutta evidenza di nuovo schizofrenica, oppose resistenza, si spersonalizzò e alla fine dovette essere sedata. Quando l’ambulanza era già in viaggio ci si accorse che si aveva a che fare con uno scambio di persona. La signora sull’ambulanza era una donna di Grosseto che intendeva andare a trovare un parente.

Il motivo per cui cito questo esempio non è il fatto che qui si era andati incontro a un deplorevole errore o, rispettivamente, a uno sbaglio. Per il nostro tema è interessante che lo sbaglio aveva generato una realtà nel cui ambito ogni comportamento dell’interessata era un’ulteriore dimostrazione del suo disturbo mentale. Infatti, quando la donna affermava di essere qualcun altro, ciò veniva considerato un caso tipico di spersonalizzazione etc. (p. 60-61)

Watzlawick insiste in maniera particolare sull’esempio del colore: ricorda come i fisici ci spieghino che questo elemento per noi assolutamente consustanziale della realtà non è “reale”, venendo da noi interpretati come colori quelle che “in realtà” sono radiazioni elettromagnetiche. Ma Watzlawick va oltre: non è che i fisici vedono coi loro strumenti radiazioni elettromagnetiche proprio perché gli strumenti che utilizzano prevedono la rilevazione di queste radiazioni? I nostri problemi – sia psichici sia sociali – derivano, sostiene, da discrepanze comunicative sulla varie realtà costruite dalle persone e dai gruppi sociali.

Watzlawick risponde in questo modo alle critiche:

Per molte persone, il Costruttivismo radicale è inaccettabile, anzi, addirittura scandaloso. Lo considerano una forma riciclata di nichilismo. Io sostengo che se vi fossero delle persone che pervenissero all’idea di essere i costruttori della loro stessa realtà, queste persone sarebbero caratterizzate da tre proprietà particolari. Innanzitutto, sarebbero libere, perché chi sa di creare egli stesso la sua propria realtà, la può anche sempre creare diversamente. In secondo luogo, questa persona sarebbe responsabile nel più profondo senso etico, perché chi ha effettivamente capito di essere il costruttore della sua propria realtà, non può più ignorare comodamente la natura delle cose e la colpa nei confronti degli altri. In terzo luogo, una persona del genere sarebbe profondamente conciliante. (p. 85)

Personalmente vedo in questa posizione una sorta di traduzione psicologico-psichiatrica dell’attualismo gentiliano. Che serve per altro ad impedire che il costruttivismo watzlawickiano degeneri in puro solipsismo: se io sono il creatore della mia realtà cosa mi impedisce di immaginarmi una realtà in cui io sia l’imperatore del mondo? Ovviamente questo però mi porterebbe dritto in un reparto di terapia intensiva di un ospedale psichiatrico. Perché? Perché non basta immaginare una realtà diversa: la realtà da costruire deve essere non la realtà astratta di un immagine priva di fondamento, ma piuttosto una realtà concreta che non è mai compiuta ma che continuamente si realizza nel suo farsi.

Il testo breve ed estremamente accessibile è completato dalla postfazione di Aurelio Molaro che delinea il percorso umano e scientifico di Watzlawick e presenta in sintesi quella che resta la sua opera maggiore: la Pragmatica della comunicazione umana.

Paul Watzlawick

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GOCCIA DI SAGGEZZA

Dove il paradosso contamina i rapporti umani, compare la malattia.

~ Watzlawick, Beavin e Jackson