
Attirato (irresistibilmente) da questa quarta di copertina:
…un romanzo futuristico… che offre una prospettiva inedita e fantastica sul declino e la rinascita delle civiltà. Abbracciando millecinquecento anni di storia, un viaggio nei cinque continenti, una fuga sulla Luna e la terraformazione di Venere e Marte, oltre che la manipolazione del tempo, Dietmar Dath costruisce un mondo dove la teoria dell’evoluzione, la matematica e la musica ridefiniscono i destini degli abitanti della Terra e dei loro discendenti. Una guerra che coinvolgerà tre pianeti e innumerevoli popolazioni, fra tradimenti e massacri, tecnologie micidiali e ricerca del sacro, mettendo in scena interrogativi filosofici sull’identità e i ricorsi della storia.
ho acquistato e letto l’appena uscito L’abolizione delle specie dello scrittore e giornalista tedesco Dietmar Dath (Nero). Al termine delle 500 pagine il giudizio estremamente sintetico che inizialmente mi è parso adeguato è stato: “è una versione di Opzioni che si prende sul serio”.
Opzioni (per chi non lo conoscesse) è un romanzo del 1975 di Robert Sheckley (pubblicato in varie edizioni da Mondadori) il cui incipit recita così:
AVVISO: «Le regole della normalità saranno temporaneamente sospese e nuove regole verranno istituite. Non è detto che le nuove saranno diverse dalle vecchie, ma per il momento nessuna precisazione può essere fornita. La cosa migliore da fare è evitare situazioni conflittuali, passare il resto della giornata a letto, calmarsi».
e continua con l’astronauta Tom Mishkin costretto ad un atterraggio di fortuna sul pianeta Harmonia alla ricerca di un ricambio per il componente difettoso. Teoricamente su Harmonia è presente un magazzino di pezzi di ricambio per astronavi ma il compito apparentemente semplice si complica sempre di più, prima perché i pezzi di ricambio sono stati sparsi per tutto il pianeta per evitare che un eventuale incidente nel magazzino li distruggesse tutti, poi perché il robot assegnatogli per guidarlo alla posizione dove il ricambio è conservato e proteggerlo dai pericoli del pianeta si rivela programmato per essere utilizzato su un pianeta diverso. La demenziale odissea di Mishkin è una autoironica rappresentazione di come spesso le migliori intenzioni ci peggiorano la vita, di come piani apparentemente perfetti finiscono per fallire disastrosamente. E si tratta di una storia perfetta e deliziosamente divertente se seguiamo il consiglio iniziale dell’autore ed evitiamo di riconoscerci troppo (o troppo poco) nello sventurato protagonista.
In questo senso il paragone con Opzioni mette L’abolizione delle specie in una luce positiva, almeno quanto la specificazione “che si prende sul serio” lo mette in una negativa.
L’abolizione delle specie narra la storia di come gli esseri umani si evolvono in Gente, assumendo tratti animali, che comunicano tramite un linguaggio olfattivo, per poi essere sconfitti e cacciati dalla Terra dai Ceramici, creati a partire dalle femmine umane da una sorta di divinità cibernetica, per “de-evolversi” in maniera diversa su Venere e su Marte formando società brutalmente militaristiche o annegate nella burocrazia e col mito di ritornare a forme e usanze umane, per dar vita infine ad una coppia di Adamo ed Eva – fratelli ed amanti – che tornano sulla Terra solo per scoprirla isolata nel tempo e nello spazio. I Gente in particolare sono il frutto di una evoluzione artificiale degli esseri umani – grazie alla quale sconfiggono le malattie diventando virtualmente immortali – che però detestano per l’innata crudeltà ed incapacità di adattamento e fanno di tutto per eliminare definitivamente. Come però secoli dopo faranno i Ceramici, quasi indistruttibili grazie alla loro capacità di essere presenti su una molteplicità di dimensioni. La salvezza dei Gente sembra garantita grazie all’invio – soprattutto di materiale genetico piuttosto che di individui – su Marte e Venere ma qui, dopo la terraformazione, le società si sviluppano in modo imprevisto e incapace di riappropriarsi delle conquiste genetiche dei Gente. Per affrontare tale problema i due figli di Lasara (la lince figlia del Leone, primo essere umano a trasformarsi in Gente e loro re), Feuer e Padmasambhava (nata come lucertola alata), dovranno affrontare l’ostilità dei Creaturetti (in cui si sono de-evoluti i Gente su Venere e Marte) e ricercare un mitico Wetzel in uno dei vecchi templi dei Gente per poter ristabilire la loro supremazia.
Come si può vedere fin da questi minimi accenni, sicuramente in L’abolizione delle specie “le regole della normalità sono sospese” e tutta la storia si muove tra citazioni aperte e non che vanno dai classici autori di fantascienza a Nietzsche e Simmel con una creazione non solo di una società ma anche di una modalità di espressione che mettono a dura prova il lettore che credeva (anche a causa della presentazione) di trovarsi di fronte ad un “romanzo di fantascienza”. E questo è esattamente il punto. Perché, se ci prendiamo la briga di leggerci anche la postfazione della curatrice, ci rendiamo conto che abbiamo sbagliato completamente l’approccio. Non dovevamo leggere L’abolizione delle specie come un romanzo di fantascienza ma piuttosto come un poema (in prosa) che utilizza il fantastico e l’utopia per parlare di genere, di specie (umane e animali), di tabù, di peccato (e di redenzione dallo stesso), di evoluzione, di sesso, di fedeltà e tradimento, di forza e debolezza. Di essere umano e delle sue aperture al divino (la musica: non un caso che l’unico personaggio costante in tutti i 1.500 anni raccontati nel libro sia Cordula Späth, compositrice ed aiutante prima del Leone nel realizzare la gente, poi della divinità Katahomenleandraleal nella creazione dei Ceramici ed infine di Feuer e Padmasambhava nella ricerca del Wetzel sulla Terra) all’interno della brutalità e della miseria che lo dominano. Purtroppo la Postfazione avrebbe piuttosto dovuto essere una introduzione per avvertire il lettore del mood di lettura da assumere nei confronti del libro. Perché se L’abolizione delle specie come romanzo di fantascienza è noioso e terribile, come poema (in prosa) fantastico sulle contraddizioni dell’essere umano apre porte nelle nostre coscienze che saremo timorosi di attraversare ma che senza le quali ci accorgiamo saremmo stati più poveri.
Peccato solo per Dmitri Stepanovich Sebassus, il lupo protagonista dei primi due terzi del romanzo – prima diplomatico per il Leone, poi amante della di lui figlia Lasara ed infine assassino del Leone per permettere ai Gente di sfuggire al massacro a cui il Leone vorrebbe costringerli con il combattimento contro i Ceramici -, che da solo sarebbe davvero riuscito a reggere un intero romanzo di fantascienza…

Post scriptum: l’immagine in testa al post è ricavata dal sito (in tedesco) ufficiale dedicata a L’abolizione delle specie.
Link nel post:
pagina dedicata a L’abolizione delle specie sul sito della casa editrice Nero: https://www.neroeditions.com/product/labolizione-delle-specie/
sito (in tedesco) dedicato a L’abolizione delle specie: http://www.cyrusgolden.de

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