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Una mia impressione su Alien: Romulus, 7° film dedicato alla saga di Alien. Piccola premessa necessaria: amo la saga, in particolare il primo Alien ed il secondo – Aliens: Scontro finale, che avro rivisto almeno una decina di volte – ma detesto (e non ho mai rivisto dopo la prima visione al cinema) Alien3 di David Fincher e Alien: Covenant di Ridley Scott. Il motivo non è che sono brutti o male diretti o sceneggiati, quanto il fatto che vanno a stravolgere le conclusioni narrative degli episodi che li precedono. Nel film di Fincher muoiono tutti tranne Ripley per una serie di guasti e sfighe e in più non solo nell’astronave ma addirittura in una delle capsule di ibernazione si è infilato un “facehugger” che contamina l’unica “fortunata” sopravvissuta. Una serie di incredibili coincidenze? Ancora peggio va però con Covenant che dovrebbe proseguire la storia di Prometheus dove l’unica sopravvissuta della missione era diretta alla ricerca dei creatori/progenitori dell’umanità, per scoprire il motivo per cui dopo averla creata volevano distruggerla con gli xenomorphi. Covenant risolve la questione con il sintetico cattivo di turno che uccide la ricercatrice e tutti gli abitanti del pianeta dei creatori (ovviamente senza dare alcuna risposta alle questioni sollevate in Prometheus e all’inizio stesso di Covenant).

Romulus (il nome è quello di una metà della stazione spaziale dove è ambientato il film, l’altra metà ovviamente si chiama “Remus”) non è uno degli episodi migliori, ma per lo meno sfrutta efficacemente alcuni elementi originali, pur essendo eccessivamente caricato da richiami non strettamente necessari agli altri episodi. Intanto si tratta di un “interquel”, cioè si colloca cronologicamente tra l’Alien originale ed Aliens: Scontro finale. Gli elementi originali sono sostanzialmente due: il primo è un equipaggio di adolescenti che vuole fuggire dal clima oppressivo e malsano di una colonia mineraria rubando le unità di stasi di una stazione spaziale e con quelle affrontare il lungo viaggio verso un altro pianeta. Ma nella stazione spaziale – abbandonata alla deriva – è stato raccolto un alieno trovato nel relitto della Nostromo e la stazione stessa è piena di facehugger congelati e dei cadaveri del suo equipaggio. Il secondo elemento originale è Andy, un sintetico della Compagnia “danneggiato”, che ha come direttiva primaria la sicurezza di Rain, la protagonista, che lo considera e se ne prende cura come se fosse un fratello. Andy è l’elemento chiave per riuscire ad entrare nella stazione spaziale perché – pur danneggiato – riesce ad interfacciarsi con la “Mother” della stazione e ad ottenerne l’accesso. Ovviamente ben presto le cose vanno a rotoli, gli xenomorphi si risvegliano e iniziano ad attaccare i ragazzi, mentre Andy, upgradato con il “sistema operativo” di un sintetico superstite della stazione, viene aggiornato con la direttiva della Compagnia (salvare gli alieni per finalità di ricerca e sviluppo) che va a sovrascrivere quella presente.

Solitamente le citazioni all’interno di un film sono gradite ai fan (ed io sicuramente sono uno di essi) ma qui sono talmente sfacciate e incongrue – in particolare degli episodi due e quattro (potrebbero essercene anche del tre, ma non le ho colte avendo visto il film più di trent’anni fa) – da essere francamente fastidiose. Basti dire che ad un certo punto Andy riesce a uccidere uno xenomorfo (e un facehugger) che sembra ormai aver avuto la meglio su Rain rivolgendole la stessa frase che Ripley “sputa” addosso alla regina in Aliens (tra l’altro il fatto stesso di utilizzare il genere femminile richiama ancor di più, senza nessun altro motivo che la citazione, il film di Cameron).

In sostanza un film divertente che si inserisce bene nella continuity e che comunque offre alcune scene di enorme impatto e tensione. La sua forza sta nell’essere meno “presuntuoso” di svariati altri episodi (soprattutto gli ultimi): non vuole inserire temi sulla ricerca di origine e destino dell’umanità ma si limita a raccontare – tutto sommato bene – un episodio nella ultradecennale guerra tra umani ed alieni.

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GOCCIA DI SAGGEZZA

Dove il paradosso contamina i rapporti umani, compare la malattia.

~ Watzlawick, Beavin e Jackson