Steve+Earle+_Alone+Again+Live_500DPI

Lo scorso 12 luglio è uscito il nuovo album di Steve Earle: Alone Again (Live). Si tratta (come da titolo) di un nuovo album live che vede il nostro da solo con chitarra acustica e armonica a proporre 15 tra le sue canzoni più famose. Premesso che si tratta di un album pensato principalmente per i fan e non per approcciare per la prima volta il suo approccio musicale, non è una vera novità nel percorso musicale di Steve Earle. Ricordo infatti un suo concerto di molti anni fa al Fillmore di Cortemaggiore (PC) deve Steve Earle si esibì esattamente nello stesso modo – da solo con una chitarra acustica e un’armonica (con l’unico accompagnamento del figlio Justin Townes, all’epoca non ancora maggiorenne) – con un’esibizione dai tempi quasi springsteeniani (tanto che mi immaginavo di vedergli le dita fumare sulle corde della chitarra). Onestamente quello resta uno dei concerti che ho amato e che amo di più e mi fa pensare che anche per questo Alone Again (Live) Steve abbia applicato una selezione su scalette molto più lunghe. Tra l’altro l’album è il protagonista di un lungo tour estivo che purtroppo tocca solo Stati Uniti e Canada.

Piccola digressione per quei naviganti capitati su questo post che non sappiano chi è Steve Earle: nasce nel 1955 in Virginia e fin da giovane si comporta da ribelle, scappando di casa a 14 anni alla ricerca del suo idolo musicale – Townes Van Zandt (che omaggia anche nel nome attribuito al figlio) – che riuscirà finalmente ad incontrare una volta trasferitosi a Houston in Texas. Sempre a 19 anni si trasferisce a Nashville dove di giorno lavora come operaio e di notte si esibisce nei night club. Spostandosi tra Nashville e il Texas collabora sempre più con artisti come Guy Clark e crea la sua band: i Dukes, fino a quando nel 1986 riesce a firmare un contratto con la MCA che produce il suo primo album:
Guitar Town. Con due singoli tratti dall’album che raggiungono la top ten della classifica americana, la carriera di Steve prosegue con Exit 0,
Copperhead Road e The Hard Way (quest’ultimo del 1990 e primo suo album che ho acquistato ed ascoltato). Con queste sue prime opere Earle viene considerato una delle nuove giovani promesse del country americano alla pari del più giovane di un anno Dwight Yoakam, pur nella diversità degli approcci: più blues e rock quello di Earle, più tradizionalista quello di Yoakam. Segue poi la pausa della droga e della prigione, da cui Earle esce con un pugno di annotazioni che trasforma in un album particolare, né rock né country, potremmo piuttosto definirlo folk sulla scia di Woody Guthrie o di Bob Dylan:
Train a Comin’. Superato lo scoglio della dipendenza Earle continua a sfornare album che alternano rock a bluegrass ma sempre con un elevato tasso di coscienza civica e politica. Non un caso che supporti nelle ultime elezioni presidenziali le candidature di Bernie Sanders dopo aver dimostrato, da giovane, contro la guerra in Vietnam.

Premesso che l’album che amo maggiormente di Earle è Train a Comin’ (del 1995), realizzato all’uscita da un periodo di prigione dovuto al possesso e consumo di stupefacenti (periodo di prigione che gli ha salvato la vita, a differenza di quanto capitato al figlio: ne ho scritto qui) che vede la realizzazione dell’iconica Goodbye, riproposta anche in Again Alone (Live), il mix di generi in cui si muove Steve Earle – country, rock, blues – se da un lato ha una tavolozza timbrica ricca e variegata, dall’altro lato spesso si presta bene alla esecuzione solipsistica e minimale sia per esaltare i testi che spesso sono storie che già da sole hanno una forza espressiva, sia perché diverse canzoni nascono da un giro magico di chitarra – e penso a Devil’s Right Hand, My Old Friend The Blues, Goodbye, Sparkle And Shine, ecc. – che questa versione minimale esalta.

Come scritto all’inizio, non è il primo album che consiglierei di ascoltare ad un neofita di Steve Earle, ma è sicuramente un album da avere non solo se siete suoi fan ma pure se apprezzate quel particolare sound, ormai così retrò, che Earle continua a proporre con passione.

Lascio qui di seguito la traklist e i video che Earle ha caricato sul suo canale ufficiale YouTube:

  1. The Devil’s Right Hand (da Copperhead Road, 1988),

  2. My Old Friend The Blues (da Guitar Town, 1986),

  3. Someday (da Guitar Town, 1986),

  4. Guitar Town (da Guitar Town, 1986),

  5. I Ain’t Ever Satisfied (da Exit 0, 1987),

  6. Now She’s Gone (da I Feel Alright, 1996),

  7. Goodbye (da Train a Comin’, 1995),

  8. Sparkle And Shine (da Washington Square Serenade, 2007),

  9. South Nashville Blues (da I Feel Alright, 1996),

  10. CCKMP (da I Feel Alright, 1996),

  11. Transcendental Blues (da Transcendental Blues, 2000),

  12. It’s About Blood (da Ghosts Of West Virginia, 2020),

  13. Dominick St. (da Sidetracks, 2002),

  14. The Galway Girl (da Transcendental Blues, 2000),

  15. Copperhead Road (da Copperhead Road, 1988)

Nella speranza che il tour si allunghi, prima o poi, anche qui in Italia…

Steve Earle, NYC, 2022
Danny Clinch photographing Steve Earle at his house in New York City on February 5th 2022.

Link nel post:

Lascia un commento

GOCCIA DI SAGGEZZA

Dove il paradosso contamina i rapporti umani, compare la malattia.

~ Watzlawick, Beavin e Jackson