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Lo scorso 21 giugno è stato pubblicato l’album tributo a Tom Petty: Petty Country: A Country Music Celebration of Tom Petty (Big Machine Records). All’album contribuiscono nomi noti e notissimi del panorama country come Dolly Parton, Willie Nelson, Steve Earle, Marty Stuart, Rhiannon Giddens o George Strait per 20 canzoni mediamente abbastanza fedeli alle versioni originali (se si eccettua l’aggiunta di violini, mandolini e/o slide e la variante timbrica della voce del/la cantante). La versione più riuscita e personale mi sembra essere Yer So Bad di Steve Earle (ma va anche messa in conto la mia passione per Earle) che Steve arrangia tanto da farla sembrare una sua canzone senza che con questo sia meno riconoscibile la melodia originale.

Qui di seguito la tracklist completa con entrambe le versioni (quella originale di Tom Petty e quella presente su Petty Country) delle canzoni da YouTube:

  1. I Should Have Known It Chris Stapledon (da Mojo, 2010)

  1. Wildflowers Thomas Rhett (da Wildflowers, 1994)

  1. Runnin’ Down A Dream Luke Combs (da Full Moon Fever, 1989)

  1. Southern Accents Dolly Parton (da Southern Accents, 1985)

Southern Accents è una canzone interpretata anche da Johnny Cash negli ormai leggendari album prodotti da Rick Rubin per American Recordings. Indubbiamente la versione di Dolly Parton è impreziosita dalle doti vocali della cantante che – nonostante l’età (se Petty fosse ancora vivo, per dire, sarebbe più giovane) e la quantità di silicone e botulino – è sempre da brividi ascoltare, ma mi sia consentito di dire che – fatta pari l’interpretazione vocale al netto dei timbri opposti – l’arrangiamento creato da Rubin per Cash la rende cruda ed essenziale, quasi un brano da intonare durante una funzione religiosa, grazie anche allo spazio lasciato alle tastiere in stile organo.

  1. Here Comes My Girl Justin Moore (da Damn The Torpedoes, 1979)

  1. American Girl Dierks Bentley (da Tom Petty & The Heartbreakers, 1976)

  1. Stop Draggin’ My Heart Around Lady A (scritta ed eseguita assieme a Stevie Nicks ed apparsa come singolo di questa nel 1981 e successivamente nel suo album Bella Donna, pubblicato nello stesso anno; la canzone è inserita anche nell’album di Tom Petty Anthology: Through The Years del 2000)

  1. I Forgive It All Jamey Johnson (nell’album 2 dei Mudcrutch, 2016)

  1. I Won’t Back Down Brothers Osborne (da Full Moon Fever, 1989)

Piccola annotazione per far notare, nel video di Tom Petty (alla cui versione restano fin troppo fedeli i Brother Osborne), come ci siano a gigioneggiare George Harrison e Ringo Starr (anche se Ringo non ha davvero partecipato alle registrazioni della canzone).

  1. Refugee Wynonna feat. Lainey Wilson (da Damn The Torpedoes, 1979)

  1. Angel Dream (No. 2) Willie Nelson & Lukas Nelson (da Songs and Music from “She’s the One”, 1996; dalla colonna sonora per il film Il senso dell’amore di Edward Burns)

  1. Learning To Fly Eli Young Band (da Into the Great Wide Open, 1991)

  1. Breakdown Ryan Hurd feat. Carly Pearce (da Tom Petty & the Heartbreakers, 1976)

  1. Yer So Bad Steve Earle (da Full Moon Fever, 1989)

  1. Ways To Be Wicked Margo Price feat. Mike Campbell (canzone registrata durante le sessioni per Let Me Up (I’ve Had Enough) nel 1987, ma pubblicata solo nel 1995 all’interno del box antologico Playback)

  1. Mary Jane’s Last Dance Midland (canzone registrata durante le sessioni per Wildflowers e uscita come singolo nel 1993 e raccolta in Greatest Hits, uscito nello stesso anno)

  1. Free Fallin’ The Cadillac feat. BRELAND (da Full Moon Fever, 1989)

Free Fallin’ è la mia canzone di Tom Petty preferita e una delle mie canzoni preferite in assoluto. La versione di The Cadillac e di BRELAND è abbastanza originale (tranne che nel ritornello) ma non direi che riesce a migliorare l’originale o comunque a darne una versione sufficientemente alternativa da essere interessante e sicuramente non più interessante dell’originale.

  1. I Need To Know Marty Stuart And His Fabulous Superlatives (da You’re Gonna Get It!, 1978)

  1. Don’t Come Around Here No More Rhiannon Giddens feat. Silkroad Ensemble & Benmont Tench (da Southern Accents, 1985)

La versione di questa canzone, per la verità abbastanza anonima e abbastanza estranea al sound pettiano nella versione originale, si adatta perfettamente al mondo musicale giddensiano ed è quindi forse l’unica ad essere preferibile nella versione piuttosto che nell’originale.

  1. You Wreck Me George Strait (da Wildflowers, 1994)

Album imperdibile? Per i fan di Tom Petty come il sottoscritto, sì. Certo: niente di straordinario, ma sicuramente una rilettura piacevole in in alcuni (pochi) casi originale. Questo però mi porta ad una riflessione. Tom Petty non è e non è stato considerato un musicista country (anche se le versioni country qui presenti si discostano veramente poco – almeno in termini di genere musicale – dagli originali, tanto che forse, a parte i nomi eclatanti dello specifico panorama, non ci sarebbe stato neppure bisogno di rimarcare che si trattasse di un tributo country) ma piuttosto di quello che possiamo definire “rock americano” che comprende, oltre a Petty, Bruce Springsteen, John Hiatt, Ry Cooder, John Mellencamp, lo stesso Steve Earle. Si muovevano tutti su un sentiero che certo sconfinava col country pur essendo chiaro il confine tra le due regioni musicali. Oggi evidentemente non è più così: da un lato abbiamo il pop, dall’altro tutta la galassia della musica nera, dall’altro ancora la musica elettronica (variamente denominata a seconda delle mode), dall’altra il metal in tutte le sue varie declinazioni ed infine il country, che sembra avere assorbito – almeno a livello di nuove proposte – quanto un tempo (diciamo nel periodo che va dagli anni ‘60 alla fine del 20° secolo) aveva una sua specifica fisionomia. E non è un caso che, se facciamo eccezione per il Boss – che ha un suo seguito internazionale che vuole da lui esattamente quel tipo di musica e canzoni – tutti gli altri artisti citati siano finiti, primo o poi, in un modo o nell’altro nell’abbraccio del folk/country. Cosa per certi versi ovvia per Steve Earle che fin dall’inizio è stato una figura “borderline” tra i due mondi musicali, meno per gli altri. In realtà forse non è il country che ha “semplicemente” fagocitato il rock, ma il rock (più o meno bianco) americano ha trovato casa nello spazio economico garantito dal country allargandone però nel contempo i confini.

Concludo notando che l’album di Tom Petty più “saccheggiato” è Full Moon Fever e la cosa non può che deliziarmi: è un album che ho adorato e che adoro con una Free Fallin’ che conosco a memoria e che moglie e figli odiano tanto la ho fatta loro ascoltare. Un album che rimane tra i migliori non solo tra quelli di Tom Petty ma nella storia del rock americano.

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