È ormai da anni che nelle giornate di formazione che realizzo principalmente per colleghi e colleghe bibliotecari/e inserisco slide relative alla “coda lunga” dell’opera di H.P. Lovecraft: vissuto per 47 anni (dal 1890 al 1937) praticamente autorecluso a Providence in Rhode Island scrivendo racconti e storie che fino alla sua scomparsa non sono mai usciti dal tutto sommato ristretto fandom di fantascienza/fantasy/horror. Opere che non brillano da un punto di vista stilistico e in più sono pervase da un esplicito sentimento razzista. Nonostante ciò non solo hanno continuato ad essere pubblicate e lette, ma hanno anche contaminato vari media (oltre ad aver generato epigoni letterari che ne hanno esteso ed espanso l’universo narrativo): cinema, fumetti, musica, giochi e videogiochi. Ancor più interessante è il fatto che tale contaminazione ha ormai raggiunto un livello ulteriore. Cioè opere vengono create non più riferite direttamente alle creazioni narrative lovecraftiane, ma piuttosto ad opere derivate. Ad esempio il fumetto Cthulhu. Death May Die. Anche la morte può morire pubblicato da Bonelli è ispirato al gioco da tavolo Cthulhu. Death May Die pubblicato in Italia da Asmodee. Proprio Asmodee, oltre ai giochi da tavolo, ha da qualche anno iniziato a tradurre e pubblicare in Italia i romanzi di Aconyte Books: opere dedicate alla “novelization” (in italiano: “trasposizione letteraria”) di videogiochi, fumetti Marvel e dei giochi da tavolo della linea Arkham Horror.
Arkham Horror è un gioco da tavolo cooperativo creato nel 1987 da Richard Launius e distribuito dal 2005 da Fantasy Flight Games in due edizioni progressivamente migliorate, espanso in altri titoli (come Le case della follia che utilizzano le stesse ambientazioni e meccaniche di gioco) e in versione – altrettanto fortunata – gioco di carte con una marea di espansioni. In Arkham Horror le tematiche lovecraftiane vengono piegate alle esigenze ludiche: un gruppo – più o meno fortuito e spesso male assortito – di investigatori deve indagare su eventi misteriosi o sparizioni legate al tentativo da parte di fazioni di cultisti di evocare divinità o Grandi Antichi. Ovviamente il gioco deve offrire ragionevoli possibilità di successo ai giocatori, mentre nelle opere lovecraftiane la conclusione vede spesso il protagonista sopravvissuto solo per essere internato in manicomio (dove del resto gli morirono entrambi i genitori di Lovecraft). Se è concessa questa espressione ripresa da un diverso medium: il gioco, rispetto alle storie, ha un approccio maggiormente “arcade”. E mantengono questo approccio anche le storie dedicate al gioco, pur mantenendo i riferimenti all’universo fantastico lovecraftiano. In inglese sono attualmente uscite 16 opere narrative ispirate ad Arkham Horror di cui solo le prime quattro per ora disponibili anche in italiano e l’ultima – La litania dei sogni – pubblicata da poche settimane. I quattro libri sono:
- La Collera di N’Kai di Josh Reynolds (2021),
- L’Ultimo Rituale di S.A. Sidor (2021),
- “Maschera d’Argento” di Rosemary Jones (2022),
- La Litania dei Sogni di Ari Marmell (2023).
Premesso che non si tratta di capolavori letterari (e non lo si pretende neppure), abbiamo comunque quattro opere divertenti e assolutamente godibili anche se non si è mai giocato neppure ad una partita di Arkham Horror (in una qualsiasi delle sue incarnazioni ludiche). Tutti sono ambientati (ovviamente) ad Arkham negli anni ‘20 del Novecento e sottolineano, ciascuno a proprio modo a seconda della sensibilità dell’autore, elementi che in Lovecraft erano praticamente dati per scontati: la già citata sensazione di sospetto e avversione nei confronti di etnie diverse, la considerazione delle donne, il fondamentale “provincialismo”, ecc.
In La Collera di N’Kai seguiamo le peripezie di un’abile e sofisticata ladra con l’incarico di rubare una mummia dal museo di Arkham. Il problema per lei non sarà solo che la mummia è il contenitore di un essere melevolo ben lontano dall’essere defunto, ma ancor più che il suo committente non è meno soprannaturale e malvagio della stessa mummia. Ecco quindi la fascinosa Alessandra Zorzi dover far squadra con l’investigatore assicurativo che le sta dando la caccia per poter evitare ad Arkham ed al mondo la liberazione del demone.
In L’Ultimo Rituale ci viene narrato del pittore surrealista spagnolo Jean Hugo Balthazarr che visita la colonia di artisti di Arkham elettrizzandoli ed ispirandoli a creazioni che prima parevano per loro irraggiungibili. Tra loro c’è anche il giovane Alden Oakes: figlio di un facoltoso imprenditore passa le sue giornate ad oziare in Europa fino a quando incontra una contemporaneamente esaltante e spaventosa rappresentazione in una non meglio specificata cittadina spagnola dove crede di poter riconoscere il genio artistico spagnolo. Tornato ad Arkham si accorge però che cose misteriose ed apparentemente terribili accadono in chi si avvicina al pittore e ne indaga i motivi assieme all’ex fidanzata di un amico. L’autore ricollega l’universo lovecraftiano alla dimensione artistica assente in Lovecraft ma centrale in uno degli autori che lo hanno ispirato: Il Re in Giallo di Robert W. Chambers.
“Maschera d’Argento” è, dei quattro, il romanzo che più si distacca dal cliché: quasi del tutto obliterata la dimensione investigativa, il romanzo narra della troupe di film horror al seguito del famoso e geniale regista di genere Sydney Fitzmaurice. Il regista, terminato l’ultimo successo, decide di abbandonare Hollywood e di ambientare il film successivo nella natia Arkham. La storia è narrata dalla costumista, la nippo-americana Jeany Lin che si deve difendere – fuori dall’ambiente protetto del cinema – dai pregiudizi e dall’ostilità nei suoi confronti. Si troverà costretta a confrontarsi col regista tornato nella casa dei suoi avi per liberare nel mondo reale i mostri ivi racchiusi che l’avevano ispirato a realizzare i suoi film di successo. Pur essendo meno “avvincente”, meno “divora-pagine” degli altri, “Maschera d’Argento” ha il pregio della approfondita documentazione a cui si è dedicata la Jones per esso relativamente al mondo del cinema muto. Sono deliziosi i riferimenti a star del cinema del periodo, horror o meno e illuminanti le descrizioni delle modalità produttive degli Studios, già allora mostruose quasi quanto le fattezze con cui somministrava spaventi economici a platee sempre maggiori.
In La Litania dei Sogni, infine, troviamo nientemeno che zombie! Chi mi conosce sa che normalmente considero gli zombie l’espediente utilizzato da game designer in crisi creativa per inserire creature standardizzate facili da descrivere e realizzare che si oppongano ai protagonisti in un videogioco (o altro). Ma tutto sommato l’autore qui si destreggia con abilità legando la creazione di zombie ad una litania impossibile da dimenticare (avete presente quando vi entra in testa un ritornello e non riuscite a pensare ad altro?) ricavata da un incauto studente della Miskatonic (l’università arkhamita) riuscendo per primo a traslitterare le incisioni su un’antica pietra. La litania in questione si rivela niente meno che lo strumento mediante cui il Tessitore di Carne contagia gli esseri umani e utilizza i relativi corpi per incarnarsi e tornare nella nostra dimensione da cui è stato bandito prima ancora che nascessero le più antiche civiltà umane. Coloro che debbono porvi rimedio sono un cacciatore inuit alla ricerca della pietra trafugata al suo villaggio, una bibliotecaria della Miskatonic ed Elliot, amico dell’incauto traslitteratore e segretamente di lui innamorato (ed ecco qui emergere il tema lovecraftianamente rimosso dell’omosessualità).
Come forse si sarà già capito dalle sinossi, ogni storia è indipendente e autoconclusiva per cui non è necessario procedere in ordine e nessuno dei romanzi è necessario alla comprensione degli altri. Se queste storie non hanno una forza scardinatrice sull’immagine della realtà come i racconti di Anders Fager (pure ispirati alla cosmogonia lovecraftiana) di cui ho scritto qui, sono comunque letture piacevoli e divertenti e qui e là estendono il canone lovecraftiano in direzioni inesplorate dal suo creatore.





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