Sono passati 35 anni da quando Alan Moore e Dave Gibbons rivoluzionarono il classico fumetto di supereroi americano con quella pietra miliare che era e rimane Watchmen. Nello scorso ottobre è uscita in volume la raccolta completa della miniserie di Tom King e Jorge Fornés Rorschach (Panini Comics). Tendenzialmente quando acquisto fumetti vado a sentimento e non mi preoccupo particolarmente di documentarmi in anticipo. Perciò, più che il personaggio legato alla storica miniserie, mi ha attirato la copertina.
Devo però essere onesto: non mi aspettavo quello che in effetti poi ho trovato e che mi ha fatto divorare il volume in una serata. Fosse stata una rivisitazione, un sequel, uno spin-off del capolavoro moore-gibbonsiano, sarebbe stata probabilmente una lettura piacevole da dimenticare in meno tempo di quello usato per leggerlo. E invece no.
La vicenda si svolge 35 anni dopo agli eventi descritti in Watchmen, e quindi su una Terra dove, grazie al Dottor Manhattan, gli USA non solo hanno vinto la guerra nel Vietnam, ma dove il Vietnam addirittura è diventato uno degli stati dell’Unione più importanti da conquistare per vincere la corsa alla presidenza. Corsa in cui il democratico ex attore Redford è impegnato per ottenere il quinto mandato. Contro di lui i Repubblicani schierano Turley che sembra avere buone possibilità di essere eletto. All’improvviso però, ad una Convention, Turley subisce un attentato. In realtà i due attentatori non lo mettono seriamente in pericolo perché vengono in tempo bloccati ed uccisi dalla squadra dell’FBI a protezione del candidato. Qui comincia la storia di Rorschach: i due attentatori sono William Myerson, un anziano autore di fumetti creatore della serie miliardaria di Ponzio Pirata e di una cult sullo scontro tra Cittadino e Antipensatore (dove i due disquisiscono di psicologia e filosofia mentre si prendono a cazzotti con prospettive kirbyane) da anni autorecluso nel proprio appartamento, e Laura Cummings, una ragazzina diciannovenne che il padre ha cresciuto col culto delle armi facendone un’infallibile cecchina. Myerson indossa la maschera di Rorschach (non quella originale, cangiante, ma una dozzinale acquistata in un qualsiasi negozio di gadget) e Cummings (o, come viene chiamata da tutti, Piccola) un costume da cowgirl circense con mascherina nera. L’FBI si affretta a concludere che si tratta del gesto di due spostati isolati, ma il candidato Turley sospetta un intrigo e il suo capo della sicurezza incarica un detective di effettuare ulteriori indagini. Tutto il libro segue il detective nella ricerca delle prove e nella minuziosa ricostruzione del caso, con Myerson e Piccola che, nonostante morti, sono vivissimi nella sua mente constringendolo ad assistere a un dialogo serrato tra loro e la sua coscienza.
Da un punto di vista grafico Fornés parte dalla griglia quasi fissa a nove riquadri utilizzata da Gibbons, ma decostruendola e ricostruendola in maniera spettacolare: tutto l’episodio del triplo interrogatorio condotto in parallelo è pura delizia di composizione fumettistica (chiedo venia, ma non posso anche qui non ricordare come Perondi non abbia MAI citato il fumetto nella sua analisi della “sinsemia”). Ma oltre alla deliziosa parte grafica, oltre alla trama (su cui ritornerò), è un colpo di genio l’utilizzo da parte di King dell’ambientazione “alternativa” come strumento per incidere nella carne del qui-ed-ora. Dal punto di vista “banalmente” fumettistico non si può non citare l’inserimento, tra i comprimari della storia, di un Frank Miller autore del capolavoro Il ritorno del pifferaio oscuro dove prende un personaggio di storie per bambini e lo trasforma in personaggio adulto. Dal punto di vista di storia politica come non rimanere invece folgorati dallo slogan della campagna elettorale di Turley che si propone come “Rivoluzione conservatrice” senza non ricordare che questa è una delle definizioni assegnate al fascismo dai suoi studiosi e rivalutatori (vedere Marcello Veneziani) ma anche dalla trasformazione del sistema elettorale americano in una presidenza ad libitum (mediante abolizione della regola dei due mandati) simile a quella della Russia putiniana. Il tema infine dell’intrigo per assassinare un presidente o candidato alla presidenza tocca una ferita non rimarginata della storia e dell’immaginario americano. Se poi Watchmen era il requiem per le storie sui supereroi, Rorschach coerentemente ne prende atto e li espunge del tutto dalla sua narrazione. Gli unici collegamenti con loro sono Turley e Piccola. Turley ha combattuto da giovanissimo in Vietnam incrociando il Comico ed è rimasto affascinato a tal punto dalla sua visione del mondo da tenere nel suo studio una immensa gigantografia dello “smile” disegnato sulla spilletta che questo portava sempre. Piccola invece è stata convinta dal padre che gli alieni che già 35 anni prima avevano invaso Manhattan causando la morte di migliaia di persone fossero in procinto di tornare per invadere definitivamente la terra e che occorresse trovare i supereroi che si stavano dissimulando in persone normali. In realtà noi, lettori di Watchmen, sappiamo che non c’è stata alcuna invasione ma che si è trattato di un “trucco” di Ozymandias per evitare lo scoppio della Terza guerra mondiale. Trucco costato migliaia di morti, ma milioni di meno che se fosse scoppiata la guerra. L’unico a non piegarsi alla “ragion di stato” è proprio Walter Kovacs (alias Rorschach) che sostiene vada svelato al mondo l’intrigo e, per questo, diventa l’ultima vittima per mano del Dottor Manhattan, prima che tutti i supereroi se ne vadano e/o si ritirino a vita privata. Per questo Piccola cerca, prima in un altro artista del circo poi in Myerson, proprio Rorschach: l’unico che ha pagato con la vita la propria inflessibile coerenza etica e morale?
È quanto il detective deve scoprire, assieme a tutti i fili che collegano i due, apparentemente “dropouts”, alle macchine elettorali e ad elementi deviati delle stesse. Minuziosamente – elemento che viene reso in maniera grafica perfetta da Fornés, che anche qui prende le distanze da Gibbons, utilizzando un tratto maggiormente realistico, ma mantenendo, grazie a Dave Stewart, la palette calda e crepuscolare di Watchmen – raccoglie indizi, svela prove, dipana trame, fino a giungere di fronte al quadro completo. Che però immediatamente si rivela essere finzione, accuratamente preparata per beffarlo. E si arriva al finale con la serata prima degli eventi conclusivi che vedono il detective in un serrato confronto con il suo alter ego mentale di Piccola per stabilire quale sia la cosa da giusta da fare: il male minore o la giustizia?


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